Angela Merkel ha gestito in autonomia, per sedici anni, i rapporti con la Cina. Per lei Pechino doveva essere solo un partner commerciale. Ora, però, le cose potrebbero cambiare con un Governo aperto a Verdi ed FDP
g iuvinale
Quando Angela Merkel è diventata Cancelliera nel 2005, il mondo poteva ancora essere definito unipolare. Ma soprattutto, le conseguenze geopolitiche dell'ascesa della Cina sembravano non preoccupare nessuno.
L'Occidente vedeva Pechino, principalmente, come un enorme bacino di manodopera a basso costo ed uno sbocco quasi inesauribile per i suoi prodotti. Per questo, l'11 dicembre di venti anni fa, la Repubblica Popolare Cinese è divenuta membro del WTO, dopo 15 anni di negoziati.
L'idea che Pechino stesse "sfruttando" l'ambiente liberale dell'Occidente per attuare metodicamente una politica di potere, basata sull'acquisizione di una leadership tecnologica mondiale, non preoccupava molto gli occidentali, tra cui la Merkel, che si mostravano così interessati principalmente al breve-medio termine.
In sedici anni Angela Merkel ha visitato la Cina dodici volte. Ora, al termine della sua esperienza politica, i media statali cinesi la rimpiangono, dandole un addio quasi "triste", mesto. D'altra parte, in tutti questi anni lei ha garantito una grande stabilità nelle relazioni tedesco-cinesi.
Ma la Merkel, nel corso del suo ininterrotto cancellierato, ha cambiato il modo di considerare Pechino. Lo ricorda Mikko Huotari, direttore esecutivo delI'Istituto Mercator per gli studi sulla Cina ed esperto di politica estera cinese. All'inizio, la sua politica verso la Cina era molto più formale, attenta alle regole e basata sul rispetto dei diritti umani. Ma Frau Merkel è stata una pioniera nel rendere Pechino un Paese di importanza strategica centrale per la Germania, soprattutto per l'economia.
In questi ultimi sedici anni, però, la Cina è cambiata radicalmente. Il Paese ha intrapreso un percorso autoritario sotto la guida del Presidente Xi Jinping. Ed il famoso finanziare George Soros, in un'intervista rilasciata ad agosto scorso sul Financial Times, ha definito Xi Jinping l'avversario più pericoloso delle società aperte.
Tuttavia, la Merkel ha sempre concentrato la sua politica estera cinese su commercio, investimenti, integrazione e riavvicinamento. L'idea della Cancelliera, spiega Huotari, è stata accettare, pragmaticamente, questa realtà: non possiamo cambiare Pechino e dobbiamo creare spazio alla Cina a livello internazionale; in queste condizioni ci impegniamo per buoni rapporti con il Paese.
Ma la Merkel ha commesso un errore che potrebbe rivelarsi fatale: sottovalutare la crescente, e sempre più critica, dipendenza economica della Germania (ed Europea) dalla Cina. Anche argomenti importanti, come il rispetto dei diritti umani degli uiguri, sono stati sempre sottaciuti dalla Cancelliera. Inoltre, la Germania non ha avuto un processo trasparente ed aperto per capire come si intende trattare in futuro con Pechino. In pratica, tutta la politica estera cinese si è sempre concentrata nelle mani della sola Merkel.
Ed ora? La Cina, spiega l'esperto, vuole continuità nei rapporti commerciali. E con Olaf Scholz o Armin Laschet come Cancelliere, otterrà questa continuità. Ma Pechino è più preoccupata dei Verdi e dei liberali dell'FDP, partiti più atlantisti dell'SPD di Scholz.
In un eventuale Governo con l'SPD, questi due partiti potrebbero spostare il fulcro del dibattito della politica estera, in modo che la Cina sia percepita in futuro non solo come un partner, ma anche come concorrente e rivale sistemica.
La scommessa su una Cina di successo, stabile e globalmente integrata non è affatto scontata, dice Huotari. Servono nuovi scenari di rischio a livello decisionale, economico e politico: come reagirà la Germania se Pechino metterà ancora più pressione sulle aziende tedesche? Come agirà la UE in caso di crisi nello stretto di Taiwan? Sono scenari ai quali il nuovo esecutivo tedesco dovrà inevitabilmente prepararsi.
La Germania, dunque, ha dinanzi a sé una grande opportunità: dimostrare di poter creare potenti coalizioni nella gestione di importanti aree politiche, come la strategia europea indo-pacifica, nell'ambito del G7 ed anche con Washington.
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