Palazzo Madama ha ospitato il 3 luglio scorso l’evento “Il futuro della Nato e il ruolo dell’Italia”, organizzato dal Comitato atlantico italiano, per presentare l’omonimo studio curato da Fabrizio W. Luciolli che fa un punto sulle sfide che la Nato dovrà affrontare in vista del Vertice di Vilnius e pone l’accento sulle opportunità per l’Italia.
di Nicola Iuvinale
All'evento ho partecipato come relatore e ho parlato della "Liminal Warfare e di come la Cina utilizza i porti e le navi commerciali in tutto il mondo per estendere anche la propria forza militare. Riporto l'intervento integrale. Qui in Video.
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Il 24 febbraio 2022 siamo entrati in una nuova era storica. L’invasione russa dell’Ucraina e la più ampia ondata di proiezione del potere autoritario rappresentano definitivamente il ritorno della competizione tra grandi potenze.
Non è semplicemente una ‘Russia risorta’ che si contrappone alla causa globale della libertà, poiché la più grande minaccia proviene dal Partito Comunista Cinese.
Quando Xi Jinping salì al potere nel 2012 disse: “E’ giunto il nostro momento: noi cinesi siamo una comunità globale dal destino condiviso per l’umanità”.
Da allora, l’obiettivo principale della Cina è l’egemonia globale: fare di Pechino la prima potenza mondiale nel commercio e in ambito militare.
Per rendere gli Stati più dipendenti e disposti al suo nuovo ordine mondiale Pechino utilizza ogni arma a sua disposizione per proiettare un potere forte, che cerca di penetrare nei tessuti molli delle democrazie e ottenere la loro acquiescenza attraverso mezzi nascosti, coercitivi e corruttivi. È questa combinazione, della repressione interna della Cina e della sua ambizione esterna, che rende così preoccupante la sua crescente potenza globale.
Attingendo dalla millenaria cultura dell’arte dell’inganno sviluppata anche in ambito bellico, la Cina sta portando avanti da anni la sua Liminal Warfare dove lo spettro della competizione e del confronto con l’Occidente è talmente ampio che il campo di battaglia è ovunque e la guerra è totale; il controllo di mezzi tecnologici, dei sistemi 5G, gli acquisti immobiliari strategici, la realizzazione o gestione di ponti, autostrade e porti in tutto il mondo, e tanto altro, sono considerate operazioni di guerra "trans militari" e “non militari” ampiamente esposte in un libro del 1999 scritto da due colonnelli cinesi dell’Esercito Popolare di Liberazione.
Gli autori di quel documento parlano di strategie di combinazione che mescolano mezzi letali e non letali, militari e non (comprese reti criminali e organizzazioni civili) mettendo in gioco tutta una varietà di competizioni, combinandole in un’architettura senza soluzione di continuità.
Il modo di fare guerra cinese riguarda quindi l’“avvolgimento concettuale”, espandendo il concetto di guerra al punto da essere in grado di manovrare in uno spazio che è al di fuori della nostra definizione di conflitto.
Questa guerra consiste nel cavalcare il limite dell’osservabilità, nel non superare la soglia della rilevabilità.
La “Liminal Warfare” di Pechino implica l’integrazione di politiche economiche, legali, militari, di intelligence e cyber in un unico mix, senza soluzione di continuità di attività e di manovra, incentrate sulla definizione delle operazioni con l’avversario prima del lancio di una vera e propria operazione militare: se necessaria.
Per raggiungere questo obiettivo Pechino sfrutta anche la Belt and Road, compresa quella marittima.
La storia insegna che chi controlla i traffici marittimi controlla il mondo.
Per supportare la proiezione di forza all’estero, Pechino ha elaborato una strategia militare che richiede alle forze armate di routinizzare le attività militari oltre confine, incoraggiando l’uso degli investimenti BRI, specialmente nei porti, negli aeroporti e nelle ferrovie.
Il Libro Bianco sulla Difesa del 2015 esplicita l’impegno crescente di Pechino a protezione dei suoi interessi economici esteri nell’ottica di una più ampia fusione civile-militare. Le organizzazioni civili (pubbliche e private) devono contribuire alle operazioni della PLA, attraverso la fornitura di tecnologie a duplice uso e la messa a disposizione di entità civili marittime (porti e navi).
Articolata per la prima volta nel 2004 dagli strateghi militari di Pechino, la teoria “String of Pearls” sostiene che le infrastrutture portuali commerciali possono servire anche da copertura per depositi di munizioni, supportando le operazioni di combattimento.
I legami commerciali cinesi con i Paesi ospitanti possono tradursi anche in accordi segreti per consentire alla Marina militare cinese l’accesso alle strutture in caso di conflitto armato.
Tanti sono gli accordi bilaterali BRI che la Cina ha sottoscritto con i paesi europei, anche della Nato, contribuendo al depotenziamento dell’azione politica e di controllo dell’Unione.
Nel giugno 2015 la Cina ha emesso delle Norme tecniche per la costruzione di navi civili che impongono standard che ne consentano la loro convertibilità ad uso militare.
Le compagnie di navigazione civile hanno più volte evidenziato l’importanza di contribuire allo sforzo della difesa nazionale, partecipando ad esercitazioni e adattando le navi all’uso militare.
Oltre alle navi, la fusione civile-militare, nell’ottica della liminal warfare, riguarda anche le strutture portuali civili estere. La Cina già usa frequentemente porti civili per l’attracco e il rifornimento nelle missioni militari nel Golfo di Aden.
Il colonnello Cao Weidong, dell’Accademia Navale di Ricerca Militare cinese nel 2013 ha detto: “nella regione del Mediterraneo COSCO, il conglomerato navale dello stato cinese, ha molti punti di rifornimento, che forniscono servizi giornalieri per le navi civili. Anche le navi da guerra cinesi possono entrare nei porti per rifornimenti”.
Al 2019, le imprese di Stato cinesi tra le quali COSCO gestivano circa 70 porti al di fuori della Cina; nel 2022 si ritiene che tale numero sia superiore a 100. In Europa sono: Euromax a Rotterdam, Anversa in Belgio, Amburgo in Germania, Pireo in Grecia e Vado Ligure in Italia.
China COSCO Shipping gestisce oltre 360 navi portacontainer, con la terza capacità di flotta container al mondo.
Secondo gli strateghi militari americani la maggior parte delle citate località potrebbero ospitare navi PLA per il rifornimento, perché posizionate vicino ad aeroporti o basi aeree, o potrebbero essere utilizzate come nodi logistici per navi da carico o petroliere, che potrebbero poi rifornire le navi militari cinesi in mare aperto, anche nel Mediterraneo.
Quali sono allora i rischi maggiori per i paesi della Nato?
In primo luogo, gli investimenti guidati dallo stato cinese generano un rischio per lo stato ospitante: restare intrappolato nelle controversie militari di Pechino.
I porti, se usati per missioni militari metterebbero lo stato ospitante nella difficile posizione di accettare le operazioni militari cinesi nelle sue acque territoriali e rischiare ritorsioni da parte dei rivali militari di Pechino o, di converso, di rifiutare le operazioni militari cinesi e subire ritorsioni di Pechino.
In secondo luogo, gli stati portuali che ospitano investimenti statali cinesi sono obiettivi di spionaggio.
I porti sono, in questo caso, ricchi obiettivi sia in termini militari che commerciali.
In terzo luogo, gli investimenti portuali guidati dallo stato cinese sono dei veicoli per la coercizione economica.
In tempi di conflitto politico tra la Cina e lo stato dove si trova il porto, Pechino può interrompere le operazioni portuali, oppure avviare controversie vessatorie o la risoluzione del contratto. Ciò crea pressioni sugli Stati portuali limitandone anche l'autonomia politica.
Oggi è del tutto evidente che il fascino universale dell’idea democratica non ha preso forma, spontaneamente, nel “Nuovo Ordine Mondiale”, nato alla fine della seconda guerra mondiale, che avrebbe dovuto garantire una pax globale e duratura.
Oggi, con la Cina, ci troviamo di fronte a un avversario determinato, intento a creare un impero che gli sia, alla fine, grato e riconosca Xi come il grande architetto del “sogno cinese del grande ringiovanimento della nazione” e di “una comunità globale dal destino condiviso per l’umanità”. Il totalitarismo.
Infine, un veloce sguardo all’attività di Pechino nell’artico e nell'America latina, oggi in rapida espansione. La guerra in Ucraina sta costringendo l'Occidente ad adeguarsi politicamente e militarmente alle nuove realtà con la Russia, ma non si possono trascurare le opportunità che la Cina sta ora guadagnando anche nell'Artico.
Le radicali sanzioni imposte alla Russia hanno avuto gravi ripercussioni sul suo sistema economico e stanno costringendo Mosca a fare affidamento sulla Cina per evitare la rovina economica.
Mentre Pechino potrebbe trarne vantaggio in diversi modi, la NATO non può trascurare le implicazioni sulla sicurezza internazionale per la rotta del Mare del Nord.
Questa rotta si trova lungo la costa artica della Russia e potrebbe diventare un'autostrada marittima primaria che collega l'Asia e l'Europa.
La Cina mostra un chiaro interesse economico e strategico per l'Artico. Economicamente, sono ansiosi di sfruttare i vantaggi delle rotte marittime trans-artiche e hanno istituito l'iniziativa "Polar Silk Road" che delinea specificamente i loro obiettivi per influenzare lo sviluppo dell'Artico.
È anche ipotizzabile che una Russia sempre più isolata possa diventare così indebitata e alla disperata ricerca di un alleato artico, al punto da dare alla Cina un piccolo pezzo di quel territorio, facilitandone così l'ammissione al Consiglio artico.
Le due nazioni che rappresentano la più grande minaccia per l'ordine internazionale basato su regole saranno inseparabili anche in quel teatro marittimo.
Riguardo i piani di Xi in America Latina, sono quelli di portare la minaccia cinese al limite della costa degli Stati Uniti.
La scorsa settimana, il Wall Street Journal ha riferito che la Cina pagherà a Cuba miliardi di dollari per costruire una nuova struttura per sorvegliare gli Stati Uniti continentali.
All'inizio di quest'anno, il comandante del SOUTHCOM ha anche segnalato la preoccupazione che le società legate all'Esercito popolare di liberazione cinese controllino sezioni critiche del Canale di Panama, attraversato annualmente da una quota sostanziale del commercio internazionale.
La Cina ha anche costruito una stazione spaziale terrestre in Argentina, gestita dall'esercito cinese, che probabilmente ha scopi sia civili che militari.
Dall'inizio del secolo, la PLA ha condotto più di 200 visite di leader in America Latina e nei Caraibi e gestisce 11 basi di localizzazione satellitare in tutta la regione.
Pechino è ora uno dei principali attori anche nel cortile di casa degli Stati Uniti e della Nato.
La Cina di oggi non è più una minaccia limitata al Pacifico è diventata una minaccia globale e la prima per l’alleanza atlantica.
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