La pandemia da Covid-19 ha rappresentato – e continua a costituire – un vero e proprio stress test per gli ordinamenti giuridici dei vari Paesi chiamati a gestire, anche con provvedimenti restrittivi, una situazione emergenziale avente una portata sino ad oggi sconosciuta e ancora in divenire.
Tuttavia, se per taluni Stati la regolamentazione di questa situazione si è rivelata più agevole, per altri, come ad esempio l'Italia, è stata indubbiamente più complessa.
Alla Germania, ad esempio, come abbiamo visto, va il plauso di aver adottato, due giorni fa ed in tempi rapidissimi, una Terza legge per la protezione della popolazione in caso di situazione epidemica di interesse nazionale, entrata in vigore proprio ieri.
Una legge, che è andata a disciplinare – definitivamente – il riparto di competenze tra le istituzioni riguardo i poteri di ordinanza, le misure restrittive adottabili ed i livelli soglia di contagio che giustificano l'adozione graduale di misure interditive.
Una legge che consente, dunque, al Parlamento, cioè al cittadino, un costante controllo sulla gestione dell'epidemia.
Certo, in un moderno stato di diritto un controllo di questo genere è condizione indefettibile per assicurare la trasparenza e l'imparzialità delle scelte governative. Esso rappresenta, inoltre, una forma democratica di partecipazione popolare alle scelte statali, che finisce anche per inibire quella che alcuni studiosi definiscono oggi una politica della paura.
Politica che, purtroppo, si è venuta a creare proprio in Italia, soprattutto a causa di una classe politica in perenne litigio e ad una opacità di talune scelte dell'Esecutivo.
Nel nostro Paese – che sembrerebbe essere privo di una legge antipandemica – il Governo, difatti, ha volutamente scelto, anche per ragioni di urgenza, di ricorrere allo strumento del decreto legge per attribuire poteri eccezionali al Premier. Ma i vari decreti, che si sono succeduti nel tempo, sono stati spesso ratificati dal Parlamento con l'apposizione del voto di fiducia.
Conseguenza: il dibattito con le forze di opposizione è venuto a mancare.
E non solo. Anche i rapporti Stato – Regioni, nel tempo, sono andati deteriorandosi, tanto che recentemente è dovuto intervenire il Presidente della Repubblica, richiamando tutti al senso di reponsabilità ed al rispetto del principio di leale collaborazione tra le istituzioni.
Nel nostro ordinamento giuridico il potere statale di adottare atti restrittivi uniformi a livello nazionale trova fondamento nella competenza legislativa esclusiva in materia di profilassi internazionale sancita dall'art.117 della Costituzione. Competenza che, peraltro, si somma sia a quella del terzo comma del medesimo articolo - che demanda allo Stato l'individuazione dei principi anche nella materia concorrente, con le Regioni, della tutela della salute - sia alla competenza legislativa eventualmente derivante dalla chiamata in sussidiarietà dell'art.118 della Costituzione (e della giurisprudenza in materia), nonché nella facoltà del Governo di sostituirsi agli organi regionali in caso di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica ai sensi dell'art.120 della Costituzione.
Potere, questo, stranamente finora mai esercitato dal Governo.
Ma nel nostro complesso ordinamento giuridico sono presenti ulteriori disposizioni di legge, tuttora in vigore, che finiscono per riconoscere anche alle Regioni ed ai Sindaci importanti ed autonomi poteri di intervento in materia.
E' accaduto, quindi, che queste norme - in materia di igiene e di sanità pubblica e di polizia veterinaria cui all'articolo 32 della legge n. 833 del 1978, ribadite dall'art.117, comma 1, del decreto legislativo n.112 del 1998 - hanno finito per ingenerare, in talune Regioni ed in alcuni Comuni, l'aspettativa di poter assumere, in autonomia, misure per far fronte alla situazione di emergenza nell'ambito territoriale di competenza. Difatti queste disposizioni - cui si aggiungono, per i sindaci, anche quelle dettate dall'art. 50 del TUEL - attribuiscono al Ministro della salute, al Presidente di regione e al Sindaco il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di igiene e sanità pubblica, in deroga alla normativa vigente, ripartendolo - il potere - sulla base dell'ampiezza territoriale dell'emergenza (comunale, regionale, o sovraregionale/nazionale).
Ed a questo vulnus il Governo ha dovuto porre rimedio con l'articolo 1, comma 2, lett. a) del D.L. 125/2020 riconoscendo alle Regioni la facoltà di introdurre misure in deroga a quelle contenute nei d.P.C.m. solo a condizione che si tratti di misure più restrittive.
Vedremo come andrà a finire.
Tornando, però, al tema principale, si è detto che il alcuni Paesi il controllo parlamentare sulla gestione Covid-19 non è mancato. Oltre alla Germana ed alla Francia, ciò è accaduto in Belgio.
Qui, sul piano costituzionale, il controllo sulla politica del Governo federale compete esclusivamente alla Camera dei rappresentanti, cioè la Camera elettiva. Non può farlo il Senato.
Inoltre, in base all'articolo 56 della Costituzione solo la Camera dei rappresentanti ha il diritto d'inchiesta.
Ecco, proprio in virtù di tale potere, nel giugno scorso la Camera ha approvato la proposta di istituire una Commissione speciale incaricata di esaminare la gestione dell'epidemia da COVID-19, con lo scopo di monitorare il potere conferito al Re di adottare misure per combattere la diffusione del virus.
In Belgio, per poter far fronte a situazioni di crisi, può essere, infatti, utilizzata la tecnica dei poteri speciali che consentono di trasferire poteri legislativi di vasta portata dal Parlamento al Governo. Ciò è previsto dall'articolo 105 della Costituzione.
La ratio del meccanismo dei "poteri speciali" è consentire al Governo di adottare rapidamente le misure necessarie senza dover attendere che tutte le leggi necessarie siano passate attraverso l'ordinaria procedura parlamentare.
La Commissione istituita è formata da 20 membri effettivi, tra cui un Presidente e 2 vicepresidenti, 15 membri supplenti e 2 membri senza diritto di voto.
I temi di lavoro della Commissione sono a cinque:
preparazione per una possibile crisi sanitaria su larga scala (pre-Coronavirus);
funzionamento, supervisione e finanziamento del settore assistenziale e del personale infermieristico;
armonizzazione e comunicazione internazionale;
acquisto, produzione e distribuzione di apparecchiature di protezione e collaudo, farmaci e tracciabilità;
coordinamento intra-belga per l'individuazione, la comunicazione e il contenimento.
Per ciascuna di queste aree, è stato nominato un esperto per assistere la Commissione e scrivere una relazione introduttiva.
Nell'atto istitutivo dell'Organo collegiale, i gruppi parlamentari hanno anche inserito la possibilità di trasformare la Commissione in una vera e propria Commissione parlamentare d'Inchiesta qualora avesse incontrato difficoltà nell'espletamento dei suoi compiti.
Ed infatti il 9 novembre scorso, poiché la Commissione speciale ha incontrato difficoltà nell'acquisire informazioni, è stata depositata una proposta di istituire, per sei mesi, una Commissione di inchiesta parlamentare sulla gestione dell'epidemia da COVID-19, tramite un ampliamento dei poteri della Commissione speciale, che vedrebbe immutata la sua composizione.
Nella stessa data è stata, inoltre, depositata una ulteriore proposta di formale prosecuzione dei lavori della Commissione speciale mediante una Commissione d'inchiesta, fino al 1° luglio 2021.
Inoltre, la Commissione affari istituzionali del Senato a settembre ha avviato uno studio comparativo relativo alle modalità con cui gli altri Paesi europei stanno gestendo la crisi da COVID-19. Lo scopo è approfondire gli aspetti che possono essere migliorati per affrontare meglio questo tipo di crisi in futuro. In Senato è stato poi illustrato il Rapporto dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa "Le democrazie dinanzi alla pandemia da COVID-19".
L'auspicio, dunque, è che anche l'Italia segui l'esempio virtuoso di altri Paesi. Ci si doti, cioè, al più presto di una legge anti-epidemia che vada a disciplinare i poteri di ordinanza, tipizzi le misure restrittive adottabili in caso di recrudescenza del virus, fissando anche i relativi valori soglia.
E ciò si spera non solo in nome della certezza del diritto ma anche, soprattutto, per assicurare un effettivo controllo del cittadino sulla gestione istituzionale di una eventuale e futura pandemia.
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