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Immagine del redattoreNicola Iuvinale

L'esito della guerra in Ucraina cambierà il mondo. Come reagirà la Cina di Xi Jinping?

Tutti dovremmo iniziare a porci una domanda: quale potrebbe essere l'esito finale della guerra in Ucraina? La caduta di Putin, anche con un colpo di stato, potrebbe portare alla dissoluzione della Federazione russa? E la Cina di Xi Jinping che ruolo avrebbe? Non dimentichiamo che sulla tela della storia i due cupi cavalieri, la pestilenza e la guerra, cavalcano ancora le immense distese dell'Europa: ogni esito appare probabile e indefinito.


di Nicola Iuvinale


Non è facile prevedere l'esito della guerra in Ucraina; ogni scenario è aperto, indefinito sul piano geopolitico tranne, ad oggi, una sconfitta dell'Ucraina.

Lo storico Niall Ferguson, alla fine del suo ultimo libro Doom: The Politics of Catastrophe, che ha finito di scrivere nell'autunno del 2020, si è posto alcune domande inquietanti. La seconda guerra fredda tra Cina e Stati Uniti si intensificherà? Potrebbe anche trasformarsi in una guerra su Taiwan? O potrebbe essere a portata di mano la pace? Probabilmente no, sostiene Ferguson.

Nel suo ultimo articolo pubblicato su Bloomberg "Non tutto è tranquillo sul fronte orientale",

Ferguson racconta che "il 2022 è stato l'anno del ritorno della guerra. Ma la seconda guerra fredda potrebbe diventare la terza guerra mondiale nel 2023, con la Cina come arsenale della democrazia. Feguson scrive:

"La differenza è che non ci sarà alcun potere industriale solidale che serva da "arsenale della democrazia" - una frase usata dal presidente Franklin D. Roosevelt in una trasmissione radiofonica il 29 dicembre 1940. Questa volta sono le autocrazie ad avere il potere arsenale".
"L'amministrazione Biden deve stare estremamente attenta a non perseguire una guerra economica contro la Cina in modo così aggressivo da far ritrovare Pechino nella posizione del Giappone nel 1941, senza altra scelta che colpire presto e sperare in un successo militare. Questo sarebbe davvero molto pericoloso, poiché la posizione della Cina oggi è molto più forte di quella del Giappone allora. Kissinger ha ragione a preoccuparsi dei pericoli di una guerra mondiale. La prima e la seconda guerra mondiale furono precedute ciascuna da conflitti minori: le guerre balcaniche del 1912 e 1913, l'invasione italiana dell'Abissinia (1936), la guerra civile spagnola (1936-39), la guerra sino-giapponese (1937). L'invasione russa dell'Ucraina può sembrare che stia andando bene per l'Occidente in questo momento. Ma nel peggiore dei casi, potrebbe essere un presagio simile di una guerra molto più ampia".

A mio avviso, la deterrenza ha giocato sempre un ruolo determinante nell'evitare le guerre o nel vincerle. L'Impreparazione è determinante nella sconfitta. E' stata proprio la mancanza di deterrenza, la paura di schiaffeggiare il bullo di Mosca, a spingere Putin ad invadere l'Ucraina e la stessa cosa potrebbe accadere con la Cina di Xi Jinping.

L'Europa è impreparata, militarmente incapace e divisa. Non ha ancora ben capito cos'é la Cina di Xi Jinping, a cosa mira la sua Liminal Warfare. Il mercantilismo tedesco della Merkel prima e quello di Sholz oggi sono un problema gigantesco. Ma la riduzione della crescita economica della Cina è un imperativo, anche in Europa.

Nel frattempo, la Cina sta approfittando della guerra in Ucraina per rendere la Federazione russa una sua colonia energetica e commerciale. negli ultimi anni gli scambi sono enormemente cresciuti e pechino acquista oil&gas russo al 30% in meno.

L'integrazione tra i due paesi, tra i due dittatori è sempre più profonda, accomunata da una profonda visione antioccidentale e antiamericana.

Ecco perché l'esito della guerra in Ucraina avrà effetti in tutto il mondo, in Europa, come nell'indopacifico.

Xi Jinping accetterebbe mai una dissoluzione della Federazione Russa? Accetterebbe mai di lascare scoperto il suo confine nord, dopo aver già raggiunto un accordo di mutua assistenza per la sua difesa con Putin? Rinuncerebbe mai all'eccesso nell'artico, oggi consentito grazie alla Russia? Rinuncerebbe a colonizzare la Russia perdendo le sue preziose risorse energetiche?
La risposta è no!

L'Europa deve fare di più. La Nato deve fare di più in Europa. Oggi non è solo guerra tra la Russia e l'Ucraina; è molto, molto di più.

E' quella che Kennedy definì, agli inizi degli anni '60, "una lunga lotta crepuscolare" tra le democrazie e i totalitarismi di Russia, Cina e Iran.

Oggi, o si sta con gli Stati Uniti o si soccombe.

Per contrastare le potenze emergenti gli Stati Uniti hanno sempre agito allo stesso modo: con il Giappone, con la Russia durante la guerra fredda e allo stesso modo dovrebbero agire con la Cina di Xi Jinping.

L'America First aveva anche lo scopo di rallentare la crescita economica della Cina e, quindi, lo sviluppo militare.

Una visione oltremodo corretta.

Oggi, quindi, dovremmo iniziare a porci la domanda: quale potrebbe essere l'esito finale della guerra in Ucraina? La caduta di Putin, anche con un colpo di stato, potrebbe portare alla dissoluzione della Federazione russa? E la Cina di Xi Jinping che ruolo avrebbe?

La risposta, in ogni possibile scenario, è una sola; l'Europa tornerà ad essere quella che è sempre stata: un campo di battaglia. Come ha scritto il politologo statunitense Larry Diamond, "il 24 febbraio 2022 siamo entrati in una nuova era storica".

La visione geopolitica e di sicurezza nazionale (non solo per gli Stati Uniti ma anche per l'Europa) più corretta è quella di Elbridge Colby,

Per Colby, ex vicesegretario aggiunto alla difesa per la strategia e lo sviluppo delle forze nell’amministrazione Trump, co-fondatore della Marathon Initiative e autore del libro “The Strategy of Denial: American Defense in an Age of Great Power Conflict” pubblicato dalla Yale University Press nel settembre 2021, “l’amministrazione Biden nella sua strategia di difesa nazionale del 2022, ha chiarito che gli Stati Uniti non hanno la capacità di combattere sia una guerra così eccezionalmente stressante con la Cina sia un altro conflitto significativo, come in Europa contro la Russia o il Medio Oriente contro Iran, su linee temporali anche approssimativamente parallele. Questa scarsità militare che deve affrontare gli Stati Uniti non si fa sentire tanto nel numero complessivo di soldati o nelle spese totali, ma piuttosto nelle piattaforme critiche, nelle armi e nei fattori abilitanti che sono le principali fonti di vantaggio nella guerra moderna: bombardieri pesanti, sottomarini d’attacco, e trasporto aereo, logistica e munizioni di precisione [..] colmare questo divario sarà difficile, costoso e richiederà tempo.

Basta testimoniare le sfide che l’industria della difesa statunitense sta affrontando nel rifornire le armi donate all’Ucraina. Nel frattempo, c’è un crescente coro di avvertimenti credibili secondo cui la Cina potrebbe tentare di muovere contro Taiwan e far precipitare un grave conflitto con gli Stati Uniti, forse nei prossimi anni. Questi avvertimenti non provengono solo dai membri militari e conservatori del Congresso (sebbene lo siano). Piuttosto, gli alti incaricati politici dell’amministrazione Biden, come Tony Blinken, Jake Sullivan e Bill Burns, hanno emesso avvertimenti nei mesi precedenti che insieme sembrano indicare una valutazione simile alla seguente: Pechino è decisa a risolvere la questione di Taiwan in il suo favore; ha spostato la sua sequenza temporale in questo modo; considera il modo più affidabile per farlo attraverso l’impiego di una forza schiacciante; e un’invasione di Taiwan nei prossimi anni è una chiara minaccia.

Come scrive Francis P. Sempa in “Elbridge Colby Has It Right on Taiwan and Ukraine - Without a realistic division of labor between the U.S. and its NATO allies, Taiwan will go undefended”, pubblicato su “The American Spectator” il 13.11.2022: “EIbridge Colby appartiene alla nuova generazione di intellettuali della difesa/sicurezza nazionale sullo stampo di Andrew Marshall e Edward Luttwak e, prima di loro, di Herman Kahn e Albert Wohlstetter”. Con l’Amministrazione Trunp “ha aperto la strada allo spostamento della strategia degli Stati Uniti per concentrarsi sulla rinnovata rivalità tra grandi potenze dopo due decenni di combattimenti di “piccole” guerre in Afghanistan e Iraq e la guerra globale al terrorismo. Il suo libro più recente, The Strategy of Denial: American Defense in an Age of Great Power Conflict, è una lettura obbligata per comprendere l’ambiente di sicurezza globale di oggi. Colby “Prevede che la Cina possa muovere contro Taiwan nei prossimi anni e si lamenta che l’amministrazione Biden ci abbia lasciato pericolosamente impreparati alla guerra nel Pacifico occidentale. La Cina, osserva Colby, ha i vantaggi rispetto agli Stati Uniti della vicinanza e della struttura delle forze nello Stretto di Taiwan. Se la Cina si muovesse contro Taiwan nel prossimo futuro, gli Stati Uniti (supponendo che cercheranno di difendere Taiwan) dovrebbero attingere alle proprie risorse militari in Europa e Medio Oriente, lasciando così i suoi alleati in quelle regioni da soli a far fronte al continue minacce poste da Russia e Iran. E probabilmente gli USA dovranno fare affidamento sull’intraprendere una guerra economica contro la Cina ma, per essere efficace, tale guerra economica richiederebbe il sostegno degli alleati europei proprio nel momento in cui gli Stati Uniti stanno spostando le risorse dall’Europa al Pacifico occidentale.

Colby dubita che gli alleati europei sarebbero disposti a separarsi dalla Cina e prende atto della recente dichiarazione del Cancelliere tedesco [visita a Xi Jinping nel novembre 2022] e che la più grande economia europea non si separerà dalla Cina. E la guerra in Ucraina, scrive Colby, ha già causato problemi economici tra gli alleati europei, il che li renderà ancora meno propensi a unirsi agli Stati Uniti nella guerra economica contro la Cina. Ciò metterebbe a dura prova l’alleanza NATO. Poiché l’amministrazione Biden non è riuscita a riversare risorse militari sufficienti nel Pacifico occidentale, mentre inviava significativi aiuti finanziari e materiali all’Ucraina, lo scoppio della guerra nel Pacifico occidentale potrebbe portare al peggiore dei mondi: una vittoria cinese sugli Stati Uniti (e la perdita di Taiwan), un’alleanza occidentale fratturata a causa delle minori risorse statunitensi per l’Europa e la riluttanza dell’Europa ad aiutare economicamente gli USA contro la Cina. Colby sostiene una divisione del lavoro più ragionevole. L’America, scrive [Colby], dovrebbe focalizzare le sue forze armate sull’Asia, riducendo il suo livello di forze e spese in Europa... Nel frattempo, l’Europa dovrebbe concentrarsi sul prendere la guida dell’Ucraina e, più in generale, assumendo il ruolo primario nella propria difesa convenzionale.

Questa divisione del lavoro consentirebbe agli Stati Uniti di fare meno affidamento sulla guerra economica contro la Cina, riducendo così la pressione sull’alleanza atlantica. Qui Colby dimostra un realismo geopolitico che attualmente manca al team di sicurezza nazionale di Biden, che sembra aver dato la priorità all’Ucraina rispetto a Taiwan e, più in generale, all’Europa rispetto al Pacifico occidentale. La Cina, riconosce Colby, rappresenta una minaccia molto maggiore per gli Stati Uniti rispetto alla Russia o all’Iran. Gli Stati Uniti non sono senza limiti e i nostri alleati europei dispongono di risorse sufficienti per fornire aiuti all’Ucraina e rafforzare le loro difese convenzionali. Se non riusciamo a difendere Taiwan per mancanza di risorse e di volontà, i nostri alleati in Europa e in Asia ne prenderanno atto e agiranno di conseguenza”.

Solo una visione comune tra Europa e Stati Uniti potrà affrontare la sfida nascente dagli effetti della guerra in Ucraina in Europa come nell'indopacifico.

Su Cina e Russia, si è dimostrato corretto il consiglio che Zbigniew Brzezinski diede a Jimmy Carter nei primi anni '80.

All'apice assoluto dell'egemonia globale degli Stati Uniti, il consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski, lanciò un severo avvertimento sui tre pilastri del potere, necessari per preservare Il controllo globale di Washington.

In primo luogo, gli Stati Uniti avrebbero dovuto evitare la perdita della loro strategica “perch on the Western periphery” dell'Eurasia.

Successivamente, avrebbero dovuto bloccare l'ascesa di "un'unica entità assertiva" nell'enorme "spazio di mezzo" del continente dell'Asia centrale.

E infine, avrebbe dovuto impedire “l'espulsione dell'America dalle sue basi offshore” lungo il litorale del Pacifico.

Nel frattempo, la Cina ha trascorso quegli stessi decenni a costruire industrie che l'avrebbero resa l'officina del mondo.

"Con un grave errore di calcolo strategico, Washington ha ammesso Pechino all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nel 2001, stranamente fiduciosa che una Cina compiacente, patria di quasi il 20% dell'umanità e storicamente la nazione più potente del mondo, si sarebbe unita, in qualche modo, all'economia globale senza cambiare l'equilibrio di potere".

"In tutto lo spettro ideologico", come scrissero in seguito due ex funzionari dell'amministrazione Obama, "noi nella comunità della politica estera statunitense condividevamo la convinzione di fondo che il potere e l'egemonia statunitensi potessero modellare prontamente la Cina a piacimento degli Stati Uniti".

Durante i 15 anni successivi all'adesione all'OMC, le esportazioni di Pechino negli Stati Uniti sono cresciute di quasi cinque volte fino a raggiungere i 462 miliardi di dollari mentre, nel 2014, le sue riserve in valuta estera sono aumentate da soli 200 miliardi di dollari a 4 trilioni di dollari.

Un vasto tesoro che Pechino che ha utilizzato per lanciare la sua "Belt and Road Initiative" (BRI) da trilioni di dollari, volta a unire economicamente l'Eurasia attraverso infrastrutture di nuova costruzione.

Tuttavia, con Europa e Asia centrale, il punto critico più instabile nella grande strategia di Pechino per rompere la presa geopolitica di Washington sull'Eurasia risiede nelle acque contese tra la costa cinese e il litorale del Pacifico, che i cinesi chiamano "la prima catena di isole".

Costruendo una mezza dozzina di basi insulari nel Mar Cinese Meridionale dal 2014, brulicando Taiwan e il Mar Cinese Orientale con ripetute incursioni di aerei da combattimento e mettendo in scena manovre congiunte con la marina russa, Pechino ha condotto una campagna incessante per iniziare quello che Brzezinski definì "l'espulsione dell'America dalle sue basi offshore" lungo quel litorale del Pacifico.

"Man mano che l'economia cinese cresce e crescono anche le sue forze navali, la fine del dominio decennale di Washington su quella vasta distesa oceanica potrebbe essere appena oltre l'orizzonte".

Sulla teoria di Elbridge Colby vedi anche: Elbridge A. Colby e Yashar Parsi, Building a Strategy for Escalation and War Termination, “TheMarathon Initiative”, novembre 2022:

Elbridge Colby, “How America can save Taiwan, European allies can’t be relied on”, “UnHerd”, 9.11.2022: https://unherd.com/2022/11/how-america-can-save-taiwan/).

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