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L'inalienabilità della libertà di non votare

Abbiamo il diritto di non votare un partito politico? Certo. Lo afferma la nostra Carta Costituzionale. Ed è una libertà inviolabile, assoluta, sancita dall'articolo 48. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico, così si legge nel suo secondo comma.

E l'infelice e generica espressione del dovere civico, non può e non deve essere interpretata, come invero taluni fanno, in una sorta di obbligatorietà morale. Obbligatorietà, che è bene precisare una volta per tutte, non ha mai trovato ingresso nel nostro ordinamento costituzionale.

La libertà di non esprimere il voto, dunque, è giuridicamente sancita dalla fonte delle fonti. Il cittadino può scegliere di non andare mai a votare, oppure di non votare per un determinato periodo di tempo. E questo, a maggior ragione, quando nessuna forza politica, evidentemente, lo rappresenta o lo soddisfa in quel dato momento.

Il diritto di voto non si perde per non uso. E' imprescrittibile. E a chi non vota non può essere neppure negato l'esercizio del proprio diritto di critica, anche politica.

L'articolo 21 è chiaro: tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.



Dunque, a differenza di quanti lo pensano e lo scrivono pure, non esiste nessuna correlazione tra il decidere di non votare con l'esercizio del legittimo ed autonomo diritto di critica - da parte del non votante – sull'operato di chi è stato eletto.

Il non voto non esclude il diritto di esprimere il proprio pensiero critico. La Costituzione non lo consente. Sono entrambi diritti inalienabili.

Tra l'altro, proprio nel rispetto del principio della libertà di manifestazione del pensiero, il legislatore, con il Dlgs 534/1993, ha abrogato l'articolo 115 del DPR 361/57 che sanciva l'iscrizione in un elenco esposto per 30 giorni in un albo comunale e la menzione non ha votato nel certificato di buona condotta, in quanto giudicato una grave ed illegittima interferenza con la libertà di opinione politica.

Solo in alcuni casi, eccezionali, la nostra Costituzione prevede la perdita del diritto di voto, cioè la sospensione temporanea o permanente dall’elettorato attivo. E' il caso di chi ha subito una condanna penale definitiva, oppure di chi si trova agli arresti domiciliari o ancora di chi è stato interdetto dai pubblici uffici.

Quindi, va rispedita al mittente la tesi, sostenuta da taluni, secondo cui chi non vota dovrebbe essere equiparato a colui che vota per mera tifoseria politica. E' un ragionamento illogico e pur anche giuridicamente inammissibile.

Come pure inaccettabile, anche intellettualmente, è l'illogico sillogismo secondo cui chi non esercita il proprio diritto di voto non dovrebbe, poi, lamentarsi o esprimere un giudizio critico sulla classe politica.

Sia chiaro un volta per tutte. Non esiste tutto ciò. La Costituzione sancisce l'esatto contrario.





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