di Gabriele Iuvinale
302 i miliardi di moratorie Covid di prestiti alle famiglie ed oltre 107 miliardi il valore delle richieste al Fondo di Garanzia PMI. Sono questi i dati resi noti ieri dal MEF. Strumenti che hanno fornito respiro ai mutuatari ed hanno consentito alle banche di fornire nuovi prestiti a molte aziende colpite dalla crisi. Ma c'è il risvolto della medaglia. I prestiti sono associati ad un aumento del rischio di credito. E questo rischio riguarda anche gli Stati che hanno fornito le garanzie.
A giugno scorso, nella zona euro, un volume nominale di prestito di 871 mld è stato interessato da moratorie sui rimborsi, che comprendono circa il 6% dei prestiti totali delle banche e quasi il 7,5% dei prestiti totali alle famiglie. In totale, al 16% dei prestiti alle PMI sono state concesse moratorie, seguito dal 12% dei prestiti per immobili commerciali e dal 7% dei mutui ipotecari residenziali. L'uso delle moratorie è stato ampiamente diffuso tra i Paesi e le banche. Alcuni istituti di credito hanno, addirittura, un 50% dei loro prestiti totali soggetti a moratorie. Le banche francesi, spagnole e italiane hanno segnalato i volumi più elevati di prestiti soggetti a moratoria.
Sempre a giugno, i prestiti di nuova emissione garantiti dagli Stati ammontavano a 181 miliardi di EUR, pari all'1,2% dei prestiti totali. Le banche spagnole hanno registrato la quota più elevata di questi prestiti, ma anche le banche francesi, italiane e portoghesi hanno segnalato volumi significativi.
Sono questi i dati pubblicati dall'EBA, l'Autorità bancaria europea, nella sua prima valutazione dell'uso delle moratorie COVID-19 e delle garanzie pubbliche nel settore bancario dell'UE.
Anche la BCE è intervenuta sul tema nel suo ultimo Financial Stability Review.
Impressionanti sono i dati riguardanti volumi relativi al finanziamento netto totale delle famiglie, delle imprese e degli Enti sovrani dell'area dell'euro.
Quanto ai prestiti bancari alle imprese dell'area euro, oltre il 7% è attualmente interessato da garanzie statali ed il 14% da moratorie.
Ma c'è preoccupazione tra le Istituzioni di vigilanza europee e nazionali. Si prevede, infatti, un sensibile incremento del volume dei crediti deteriorati e anche dell'Npl ratio, cioè il rapporto tra crediti deteriorati e il totale dei crediti erogati, in controtendenza rispetto a quanto è avvenuto negli ultimi anni. Secondo il report 2019 dell'Autorità bancaria europea, tra il dicembre 2014 e il giugno 2019 - prima dello scoppio dell'attuale crisi pandemica - il totale dei crediti deteriorati nell'UE era diminuito da oltre 1.174 miliardi di euro (6,5% come percentuale dei prestiti totali) a 636 miliardi di euro (3% dei prestiti totali). Per quanto riguarda i principali Paesi dell'eurozona, il report riporta, per lo stesso arco temporale, i seguenti dati: Italia da circa 278,2 a circa 137,1 miliardi (Npl ratio da 17% a 7,9%); Germania da circa 81,1 a circa 33,1 miliardi (Npl ratio da 3,7% a 1,3%); Francia da circa 147,2 a circa 123,7 miliardi (Npl ratio da 4,2 a 2,6%); Spagna da circa 174,5 a circa 84,4 miliardi (Npl ratio da 9,9% a 3,4%).
Al contrario, il recente Risk Dashboard relativo al secondo trimestre 2020 dell'Autorità bancaria europea mostra come il volume dei crediti deteriorati abbia interrotto la sua tendenza decrescente pluriennale, registrando un lieve rialzo nell'ultimo trimestre. A giugno 2020 lo stock complessivo nell'UE, infatti, sarebbe salito a 526,3 miliardi di euro, dai 522,8 miliardi di fine marzo. Tuttavia l'Italia, con 108,4 miliardi, risulterebbe ancora in controtendenza rispetto ai 111,6 miliardi di fine marzo, contrariamente a Francia, Germania e Spagna.
Ma è soprattutto per il 2021 che molti analisti prevedono un considerevole aumento degli NPL, come conseguenza diretta della grave contrazione economica che ha colpito e sta colpendo l'Europa nel 2020.
Secondo Bloomberg, ad esempio, l'anno prossimo il sistema bancario europeo si graverà di NPL per un valore di 300 miliardi di dollari.
E per i prestiti assistiti da garanzie pubbliche gli Stati subiranno le relative conseguenze.
Elizabeth McCaul, Membro del Consiglio di vigilanza della BCE in un suo recente intervento ha affermato che le stime della BCE indicano che in uno scenario estremo, seppur sempre più plausibile, caratterizzato da una seconda fase di chiusure, i crediti deteriorati potrebbero raggiungere 1,4 miliardi di euro in Europa. Tale importo sarebbe superiore al picco raggiunto dopo la grande crisi finanziaria e avrebbe conseguenze rilevanti per la posizione patrimoniale delle banche.
Ed anche Yves Mersch, Membro del Comitato esecutivo della BCE e Vicepresidente del Consiglio di vigilanza della BCE, ha ribadito ieri che Andrea Enria, presidente del consiglio di vigilanza della BCE, ha ragione nel mettere in guardia da un potenziale aumento - proprio per quella cifra - di crediti inesigibili per le banche della zona euro.
Inoltre, sempre ieri la BCE, in un suo comunicato, ha confermato che anche le vulnerabilità nel settore delle imprese stanno aumentando con l'evolversi della pandemia e ciò potrebbe mettere alla prova la resilienza delle banche dell'area dell'euro. Il ritiro prematuro del sostegno fiscale - comprese le garanzie sui prestiti statali e le moratorie obbligatorie sui prestiti - potrebbe frenare la ripresa economica, dice la Banca centrale, trasformando le sfide di liquidità aziendale osservate all'inizio della pandemia in questioni di solvibilità.
Rischi evidenziati recentemente anche da Banca d'Italia, secondo cui la recessione innescata dall’epidemia di Covid-19 accresce in maniera importante la quota di società di capitali italiane che nel 2020 registrerebbero un fabbisogno di liquidità e un deficit patrimoniale. Il ricorso a nuovi prestiti, anche grazie alle garanzie pubbliche, amplia ulteriormente l’indebitamento, in particolare per le aziende più rischiose. I bilanci si indeboliscono ed aumenta la probabilità di insolvenza delle imprese, sostiene BI.
In questo contesto, l'Unione Europea sta lavorando su possibili modifiche alle norme sulla cartolarizzazione dei crediti, alla direttiva MiFID II e al regolamento sul prospetto. Ed anche la riforma del Trattato MES – di cui ci siamo occupati ieri – va nella direzione di creare un paracadute per le prossime crisi bancarie.
Capitolo dividendi e riacquisto di azioni proprie.
Si attende per dicembre la decisione della BCE al riguardo. Intanto ieri sono giunte alcune indicazioni importanti.
Le banche sono entrate nella crisi pandemica con riserve di capitale più forti rispetto alla precedente crisi dei debiti sovrani, sostiene la Mersch. L'aumento del coefficiente di solvibilità è stato in gran parte l'effetto della politica monetaria e delle decisioni normative. Ciò ha liberato capitale disponibile per il sistema bancario ad un valore da tre a quattro volte superiore alla distribuzione prevista dei dividendi. In una certa misura, aggiunge la Mersch, sarebbe un pò falso o sorprendente se le banche utilizzassero i sussidi pubblici per arricchire gli azionisti. Finché le banche dipenderanno da tale sostegno e chiederanno un sostegno continuo, penso che dovremmo essere molto prudenti con la pura ripresa dei rapporti di pagamento che abbiamo visto prima della crisi. Ciò non significa che dovremmo in tutti i casi mantenere un divieto generale con incertezza giuridica, poiché nel nostro regolamento abbiamo solo uno strumento di applicazione basato su un approccio caso per caso.
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