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Immagine del redattoreNicola Iuvinale

Golden Power su Pirelli: quel patto non s’ha da fare

Il dipartimento di palazzo Chigi che valuta la Golden Power ha ascoltato in audizione Pirelli e Camfin sul nuovo patto dei soci cinesi di Sinochem in Pirelli, dopo aver già sentito i rappresentanti di Pechino. I pericoli sono giganteschi e rientrano nella strategia economica predatoria di Pechino per il dominio globale.


di Gabriele e Nicola Iuvinale


E’ entrato in vigore lo scorso 19 maggio il patto parasociale triennale sulla governance di Pirelli siglato fra i soci cinesi di Cnrc (societa' del gruppo ChemChina/Sinochem) e Camfin nel maggio 2022, ma la sua efficacia è sospesa fino a che non sarà concluso il procedimento del governo italiano sulla Golden Power. E' quanto si legge in un comunicato di Pirelli.

Il patto è stato oggetto di notifica obbligatoria da parte della stessa Cnrc alla Presidenza del consiglio dei ministri nel rispetto della normativa relativa ai poteri speciali del governo a salvaguardia di società operanti in settori reputati strategici o di interesse nazionale.

Infatti, con lo scopo di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in tali settori, il legislatore italiano ha organicamente riscritto, con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, la materia dei poteri speciali esercitabili dal governo, anche al fine di aderire alle indicazioni e alle censure sollevate più volte in sede europea. Si tratta, in particolare, di poteri esercitabili nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di alcuni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni: la Golden Power.

Nel marzo 2022 la normativa è stata ulteriormente rafforzata anche su altri settori sensibili. Infatti, è andata a regime la norma che estende l’applicazione dei poteri speciali del governo anche sulle acquisizioni di minoranza: così da evitare di ammettere presenze extraeuropee e potenzialmente ostili nelle “stanze dei bottoni”.

Il governo Draghi per la prima volta, nel 2021, ha fatto ricorso alla Golden Power per bloccare l’acquisizione cinese di un’azienda lombarda dei semiconduttori: un comparto nel quale si sta giocando una delicatissima partita sui mercati internazionali. Il governo ha impedito alla Shenzhen Investment Holdings Co. di acquisire una quota di controllo (il 70% del capitale) nella LPE S.p.A., azienda alle porte di Milano specializzata nello sviluppo di reattori epitassiali. Successivamente, la Golden Power è stata esercitata più volte.

Il Copasir nella relazione annuale alle Camere del 2022 ha precisato che la Cina “rappresenta un avversario strategico”.
Si tratta di una precisa strategia di lungo periodo che ha come obiettivo mercati strategici come quello dell’innovazione tecnologica che punta a penetrare sia il tessuto imprenditoriale che ad avvantaggiarsi degli incentivi alla cooperazione scientifica internazionale con il fine ultimo di guadagnare posizioni di grande vantaggio in un ambito così cruciale.

Questo attivismo va interpretato criticamente laddove si incontra con il perimetro della sicurezza nazionale e la difesa degli interessi strategici dell’Italia: in questa prospettiva, il Comitato ha più volte segnalato la necessità di proteggere i prodotti, le imprese e le eccellenze del nostro Paese, potenziando in modo particolare la resilienza cibernetica nei settori più sensibili in modo da evitare acquisizioni, interferenze e penetrazioni ostili nel nostro tessuto economico-produttivo.

Tornando al patto dei soci cinesi di Sinochem in Pirelli, “dai documenti in possesso del governo emergerebbero criticità sempre più palesi per la rilevante richiesta di ingerenza sulle strategie e l’operatività del gruppo. Che si aggiunge agli elementi già esplicitati che indicano una maggiore forza dei soci cinesi nel nuovo patto”, riferisce La Stampa.

Pechino avrebbe chiesto che tutte le unità aziendali del gruppo adottino «linee guida del ventesimo Congresso in materia di lavoro e talenti professionali, volte ad aumentare il livello di controllo politico e la composizione dei quadri dirigenziali». E inoltre «viene sollecitata l'integrazione dei sistemi informatici delle controllate Pirelli in Cina con i sistemi di Sinochem per consentire le informazioni».

Ricordiamo che gli scambi commerciali con la Cina sono esplosi negli ultimi due decenni e questa relazione ha consentito all’Unione Europea e all’Italia di avere prezzi più bassi per i consumatori e maggiori profitti per le società, ma ha generato anche rischi, costi e danni.

In particolare, la perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero, i furti di tecnologia a danno delle aziende, la richiesta di condivisione coattiva delle proprie tecnologie come condizione per fare affari in Cina con spionaggio informatico e industriale, le immense sovvenzioni pubbliche alle imprese di Stato di Pechino che alterano il libero mercato, un credito bancario aziendale che può essere usato come arma nella guerra commerciale per assicurarsi che gli attori economici anche stranieri operino in conformità degli obiettivi della politica industriale cinese, la manipolazione valutaria, le violazioni delle regole del lavoro e dei diritti umani, come il lavoro forzato nello Xinjiang.

Il governo cinese ha sviluppato numerose iniziative con le quali controlla l’economia interna, monitora gli affari aziendali ed indirizza imprese e risorse, anche private, per realizzare le priorità del Partito Comunista Cinese.

All’interno di questo quadro di controllo pubblico pregnante, le tradizionali definizioni di controllo statale non possono trovare applicazione perché qualsiasi impresa può essere obbligata in Cina ad agire per conto e nell’interesse del governo, indipendentemente dalla sua proprietà formale. Queste pratiche si inseriscono nella strategia economica predatoria di Pechino per il dominio globale.
Accade sempre più spesso che le aziende accolgono le imprese pubbliche come azionisti per ingraziarsi il favore degli Organismi di regolamentazione, mentre numerose filiali di conglomerati pubblici raccolgono capitali attraverso la privatizzazione parziale.

Attraverso incentivi politici e il controllo del sistema finanziario, il governo modella le opportunità disponibili per gli imprenditori, guidando le aziende private verso attività che promuovono gli obiettivi statali. Tre tipi di canali vengono utilizzati per influenzare il settore aziendale: legale, politico ed economico. Riguardo al primo, la legge cinese garantisce allo Stato uno status privilegiato nella governance di qualsiasi società di cui è azionista, indipendentemente dalla sua quota di proprietà.

Riguardo ai canali politici, il PCC non ha vincoli legali di sorta.

All’interno delle aziende, sta espandendo la sua influenza sulla gestione e sulle decisioni del personale attraverso i comitati interni. La politica cinese sta dando la priorità alle nomine congiunte dei membri del comitato come membri del consiglio aziendale.

Più in generale, nel mercato interno il Partito sta soppiantando il ruolo delle Agenzie di regolamentazione nel monitoraggio e nell’applicazione delle regole.

Sul piano economico, gli incentivi politici, come i sussidi, le sovvenzioni e le agevolazioni fiscali, nonché i meccanismi di monitoraggio aziendale, guidano le aziende verso il raggiungimento degli obiettivi del PCC anche senza un governo diretto delle aziende. Inoltre, quando non ci sono azionisti pubblici, le aziende devono istituire all’interno comitati del PCC, offrendogli un posto al tavolo decisionale. Il diritto societario cinese richiede, infatti, che tutte le società con sede in Cina, sia estere che nazionali, che abbiano assunto tre o più membri del Partito, debbano consentire la costituzione di unità del PCC interne per “svolgere le attività del Partito”, fornendo le “condizioni necessarie” affinché queste unità funzionino.

Valutare l’influenza delle organizzazioni di partito nelle imprese straniere è molto difficile, perché queste ultime spesso sono riluttanti a denunciare la loro esistenza, o a lamentarsene, per paura di provocare ritorsioni da parte del governo cinese.

Quindi, il Partito sta adottando misure per influenzare le decisioni manageriali e di investimento delle imprese straniere in Cina, attraverso l’inserimento di cellule del Partito.

Questi sforzi, in alcuni casi, stanno iniziando ad influenzare i processi decisionali di alcune joint ventures “cinesi-straniere”, per assicurarsi che le imprese, anche estere, operino in conformità degli obiettivi della politica industriale cinese: attuare la strategia macroeconomica della “doppia circolazione” - dove la Belt and Road ha un ruolo preminente -, il 14° Piano Economico Quinquennale 2021/2026 e la direttiva per il mercato unico nazionale.

Inoltre, qualche giorno fa, il partito comunista cinese ha anche ampliato la portata della legge anti-spionaggio contro le compagnie straniere e i dissidenti, dando al partito maggior forza repressiva.

Ad aprile, un dirigente dell'ufficio di Pechino della giapponese Astellas Pharmaceuticals è stato arrestato con l’accusa di presunto spionaggio.

Nel marzo scorso le autorità cinesi hanno fatto irruzione nell'ufficio di Pechino della Mintz Group, una società investigativa americana e hanno arrestato cinque dipendenti cinesi.

La polizia cinese si è recata anche presso l'ufficio di Shanghai della Bain & Co., una società di consulenza statunitense; ha interrogato i dipendenti presenti, sequestrato computer e telefoni cellulari.

Inoltre, l’esempio più eclatante di interferenza straniera cinese nello spazio transatlantico è stata la coercizione economica sostenuta da Pechino contro la Lituania nell’estate del 2021.

Nel maggio di quell’anno, infatti, la Lituania è diventata il primo membro del gruppo di Paesi (17+1) a lasciarlo ed ha accettato di aprire un nuovo “Ufficio di rappresentanza taiwanese” a Vilnius e viceversa. La Cina ha visto queste mosse come una violazione del suo principio “One China”. In risposta, nell’agosto 2021 Pechino ha espulso l’ambasciatore lituano e ha richiamato il proprio rappresentante diplomatico. Tuttavia, la Lituania è andata avanti con il suo riavvicinamento pianificato con Taiwan e lo Stato cinese ha scelto di intensificare, oltre le legittime vie diplomatiche, la coercizione economica. Un operatore ferroviario statale cinese, infatti, ha sospeso a tempo indeterminato il collegamento merci tra Cina e Lituania e le autorità cinesi hanno smesso di approvare nuovi permessi per le esportazioni alimentari lituane in Cina. Quando ciò si è rivelato insufficiente per scoraggiare Vilnius, Pechino ha continuato a fare pressioni su multinazionali affinché interrompessero i legami con lo Stato baltico per non essere escluse dal mercato cinese. Al gennaio 2022, i danni all’economia lituana ammontavano “a centinaia di milioni di euro”. A quel punto, l’UE ha operato per proteggere il suo Stato membro, facilitando le iniziative di Vilnius per aiutare le aziende colpite dalla coercizione cinese e sostenendo costantemente la Lituania nei suoi incontri tra rappresentanti dell’Unione e controparti cinesi.

Nel dicembre 2021 la Commissione Europea ha anche presentato una proposta di regolamento per proteggere gli Stati membri dell’UE dalla “coercizione economica dei Paesi terzi”.

Sebbene il documento non si riferisca specificamente a nessun Paese terzo, il rapporto, pubblicato nel marzo 2022 dal Parlamento europeo, ha messo in evidenza la coercizione economica cinese nei confronti della Lituania.

Il Parlamento Europeo ha anche bloccato il 20 maggio 2021 la ratifica del nuovo accordo sugli investimenti con la Cina, fino a quando Pechino non revocherà le sanzioni nei confronti di alcuni esponenti politici dell’UE: una decisione che accresce la distanza nelle relazioni sino-europee.

Ricordiamo che l’accordo globale UE-Cina sugli investimenti, concluso dai negoziatori a dicembre 2020 dopo sette anni di colloqui, mirava a mettere le aziende dell’UE che operano in Cina su un piano di parità rispetto a quelle cinesi e a consolidare lo status di Pechino come partner commerciale di fiducia dell’Unione. A sua volta, la Cina ha reagito con contromisure molto gravi nei confronti dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, che avevano applicato sanzioni in materia di commercio, tecnologia, diritti umani a Hong Kong e nello Xinjiang. Le nuove disposizioni ritorsive di Pechino sono entrate in vigore il 10 giugno del 2021, giorno antecedente l’inizio di una sessione del G7.

Alla 29a riunione del Comitato Permanente del XIII Congresso Nazionale del Popolo (Assemblea Nazionale del Popolo – ANP) è stata adottata una legge (composta da 16 articoli) immediatamente esecutiva che prevede che lo Stato cinese possa decidere di includere in una “black list” persone ed organizzazioni che, direttamente o indirettamente, partecipano alla formulazione, decisione, attuazione di misure discriminatorie che interferiscono nei suoi affari interni e la possibilità di adottare nei loro confronti le seguenti misure: rifiutare visti di ingresso, annullare visti già rilasciati o provvedimenti di espulsione; sequestrare o congelare beni mobili, beni immobili e altri vari tipi di beni all’interno del territorio cinese, riconducibili ai soggetti di cui sopra; proibire o limitare transazioni, cooperazione e altre attività ritenute rilevanti con organizzazioni o persone all’interno del territorio cinese; altre misure necessarie (non specificate e quindi liberamente valutabili casi per caso).

Anche a seguito di ciò, il Parlamento Europeo, il 16 settembre 2021, ha adottato un’importante Risoluzione sulla “Nuova strategia UE-Cina”, notificata anche al governo della Repubblica Popolare Cinese. È un documento politico, programmatico, economico e geopolitico, che traccia la rotta dell’Unione Europea verso una rinnovata unione transatlantica.

Infine, nel patto dei soci cinesi di Sinochem in Pirelli, «viene sollecitata l'integrazione dei sistemi informatici delle controllate Pirelli in Cina con i sistemi di Sinochem per consentire le informazioni».

Sul punto, per aumentare la produttività economica del Paese, il PCC punta su una risorsa definita “abbondante, ma utilizzata in modo inefficiente”: i dati pubblici e privati. Nell’aprile 2020, il Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese ha formalmente indicato i dati come fattore di produzione.

La Commissione centrale cinese per la sicurezza informatica e l’informatizzazione, Cybersecurity Administration of China (CAC) il 28 dicembre 2021 ha pubblicato il 14° Piano Quinquennale per l’informatizzazione nazionale, che elenca un’ampia gamma di obiettivi politici e di sviluppo per il periodo 2021-2025.

Il governo cinese è sempre più disposto a sfruttare i vantaggi del “socialismo con caratteristiche cinesi”. Ciò potrebbe concretizzarsi nell’intervento statale per aprire quelli che sono noti come “silos di dati”, attualmente conservati ad uso esclusivo del settore privato o di attori governativi e farli funzionare in modo più ampio nell’economia. Le SOE, le istituzioni finanziarie sostenute dallo Stato, insieme alle imprese private saranno certamente incaricate di contribuire a questo nuovo sviluppo.

Il nuovo piano definisce l’economia digitale come una forma di attività economica in cui il fattore chiave della produzione è dato dalle risorse di dati, il principale vettore è la moderna rete informatica e il principale motore trainante è l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

La Legge sulla Sicurezza dei Dati (DSL) del 2021 mostra la visione di Xi Jinping della “civiltà digitale”, un mondo in cui gli spazi digitali creano una “collettività dal destino comune” con le caratteristiche del PCC. Attraverso la radicale trasformazione delle pratiche di gestione interna dei dati, Xi intensificherà la supervisione sociale ed espanderà l’influenza globale della Cina.

La legge sulla sicurezza dei dati DSL, entrata in vigore il 1° settembre 2021, offre un quadro giuridico che articola questa visione, ed è una costellazione di principi per la regolamentazione dei dati e delle industrie basate sui dati. La legge ha ricevuto molta attenzione in quanto è un veicolo sia per la crescita interna, che per l’espansione dell’influenza globale dell’industria tecnologica cinese.

Attraverso un reticolo di leggi e regolamenti recenti, il presidente cinese Xi Jinpin ha lavorato duramente per rendere il Partito Comunista Cinese il broker di dati più potente del mondo. Xi realizza questo isolando i dati cinesi dal mondo, esercitando un nuovo potere extraterritoriale sui flussi di dati globali e mettendo le società straniere che operano in Cina sotto un vincolo legale, il tutto assorbendo i dati di altri Paesi con mezzi leciti e illeciti. Il vasto oceano di dati, proprio come le risorse petrolifere durante l’industrializzazione, contiene un’immensa potenza produttiva e opportunità - ha affermato Xi.

“Chiunque controlli le tecnologie dei big data controllerà le risorse per lo sviluppo e avrà il sopravvento”.


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