di Nicola e Gabriele Iuvinale
“La libertà è come l'aria. Ci si accorge di quanto vale quando inizia a mancare. Dobbiamo sempre vigilare perché non venga ingiustamente compressa”.
Questa frase fu pronunciata da Piero Calamandrei - avvocato politico, accademico italiano, nonché uno dei fondatori del Partito d'Azione - nel suo “Discorso sulla Costituzione” tenuto il 26 gennaio 1955 a Milano, nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria, dinanzi a giovani universitari.
Fermiamoci un attimo e troviamo cinque minuti del nostro tempo per ascoltarlo. A distanza di circa settant'anni, comprenderemo che quelle parole sono ancora attuali.
Non facciamone, però, una questione politica perché la nostra Costituzione accomuna tutti.
Noi crediamo nei suoi principi fondamentali, nel suo spirito, nei suoi valori che vogliamo riaffermare.
Se ripensiamo alle sue origini, possiamo quindi immaginarla come un “testamento” che ci è stato lasciato, ma che dobbiamo ancora attuare, portare avanti.
Gli orizzonti sono già scritti. Il solco è stato tracciato. Nei primi articoli troviamo i valori della solidarietà sociale e umana, la garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo, l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, la pari dignità sociale e l'eguaglianza davanti alla legge, il diritto allo sviluppo della persona umana attraverso il diritto al lavoro, la tutela dell'economia, il diritto alla libertà e tanti altri.
Basta leggerla, niente più.
Questi stessi valori li ritroviamo, oggi, nei più importanti trattati internazionali.
Se guardiamo alla nostra realtà sociale così lacerata, senza meta, con lo sguardo fisso in basso anziché rivolto verso le vette più alte, ci si rende conto che ci sono ancora orizzonti non raggiunti, non ancora attuati e dobbiamo, tutti, impegnarci per realizzarli.
“Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità; per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani, un po’ una malattia dei giovani. La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica”.
Ma intanto il Titanic Italia affonda.
Quelle mete che ci segnalava il Maestro Calamandrei sono, oggi, ancor più importanti ed immanenti perché ce le chiede anche l'Europa.
Quell'Europa nuova che abbiamo iniziato a costruire con la pandemia.
Oggi, gli orizzonti costituzionali non possono essere separati o essere indipendenti da quelli europei, bensì è con essi che devono porsi in rapporto di co-essenzialità reciproca.
D'immanenza, appunto.
L'anno che sta per chiudersi ci ha posto dinanzi ad un mostro che ha fatto riemergere tutte le incapacità della nostra classe politica, nonostante il ricorso anche ad un diritto emergenziale ignoto al mondo giuridico.
Le disuguaglianze sociali sono aumentate, la paura del domani pure e la crisi economica che si prospetta è devastante.
Sono paure reali, non immaginarie, come il perdere la salute o il reddito.
Da oltre trenta anni la politica italiana ha perso rilevanza, potere, riconoscimento e partecipazione sociale.
Si dice, ripetutamente, che non ci sono più gli Statisti.
Potrebbe ben parlarsi di scadimento dei contenuti politici e, quindi, di danni ai cittadini.
L'azione politica (esecutiva e legislativa), in tutte le sue esteriorità (leggi, provvedimenti, ecc.) sembra raffazzonata, senza meta, lontana dalle finalità costituzionali, dal bene comune.
La politica ha abdicato al proprio ruolo. Ha preferito il facile consenso elettorale conquistato a suon di provvedimenti lobbistici, bonus di ogni specie, perdendo di vista gli orizzonti costituzionali “immanenti” che, invero, avrebbe dovuto perseguire e porre a base della sua azione.
E quel vuoto lasciato dalla politica, cioè dai cittadini, è stato riempito anche da una parte del potere giudiziario che, nel corso degli ultimi trenta anni, ha fatto dell'attivismo giudiziario la propria bandiera.
Una pericolosa commistione dei poteri costituzionali.
Tuttavia, affinché l'azione politica possa “farsi sentire”, essere efficace, necessita di un equilibrio dei poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario.
In poche parole va riaffermato lo Stato di diritto liberale. Non in senso formale, perché la nostra Costituzione ne è espressione, bensì in quello sostanziale, attraverso la corretta ed equilibrata azione dei poteri dello Stato, rivolti al bene comune.
Noi cittadini non siamo soli, siamo un tutt'uno nella realtà in cui viviamo. Non siamo divisi ma accomunati dallo stesso destino. Quel destino, quell'orizzonte che ci vede proiettati verso l'Europa con la riaffermazione dei principi Costituzionali.
E quel destino, quel futuro che si prospetta, non è certo roseo.
Noi di Extrema Ratio più volte abbiamo rappresentato queste problematiche esaminando casi recenti.
Come la sentenza della Cassazione che, di fatto, ha abolito la deduzione IMU su entrambe le case ai coniugi separati per lavoro. Famiglia, che oggi è costretta a pagare l'orrenda gabella su tutte le abitazioni. “IMU: “Interpretazione Mistificata Unilaterale" così è stato titolato il post nel quale abbiamo denunciato la violazione del principio costituzionale di legalità sostanziale e formale.
O come nell'azione “autoritaria” del Governo, declinata nel D.L. Natale, limitativo della nostra libertà individuale. “DL Natale: un esercizio di equilibrismo giuridico-incostituzionale?” così era il titolo del post nel quale si riscontrava la violazione del principio costituzionale di legalità sostanziale, oltre alle regole democratiche del necessario confronto parlamentare con le forze di opposizione. Il discrimine, appunto, tra Stato Costituzionale ed istituzione autoritaria.
Misure limitative imposte, peraltro, con un D.L. non immediatamente sindacabile dalla Consulta (ad eccezione del conflitto di attribuzione). Ecco l'equilibrismo giuridico.
Oppure i vari DPCM, anch'essi viziati come detto nel post “L'”Avvocato del popolo” rinuncia al suo mandato”.
DPCM, peraltro, in odore di incostituzionalità come sostenuto anche nell'ordinanza cautelare del TAR Lazio n. 7468 del 4.12.2020 con la quale è stata evidenziata, tra l'altro, la necessità di approfondire le varie questioni di legittimità costituzionale nella fase di merito.
Per non parlare della misura del Cashback di Stato. Una misura fatta passare per utilità sociale con malcelata finalità di contrasto all'evasione fiscale, consentendo allo Stato di acquisire un gigantesco big data della privacy dei cittadini. E noi avevamo rappresentato subito tutto questo nel post “Il Cashback di Stato e il tozzo di pane”. Post, confermato pur anche dalla famosa – e successiva - lettera della BCE di censura al Governo.
Extrema Ratio non vuole, però, limitarsi alla sola critica giuridica, cioè alla mera affermazione formale dei sacrosanti principi costituzionali.
Vorremmo concretamente contribuire ad affermare quanto scritto in questo nostro “Manifesto” ideale, per l'affermazione dei comuni orizzonti costituzionali “immanenti”.
Desideriamo che, nell'equilibrio dei poteri costituzionali dello Stato (esecutivo, legislativo e giudiziario) e nel rispetto dei principi democratici e giuridici, il cittadino possa incidere direttamente, cioè in modo non mediato, e “possa così vigilare sul rispetto dei suoi diritti costituzionali”.
Proponiamo, cioè, la possibilità, per tutti i cittadini e imprese, di impugnare con ricorso immediato e diretto alla Corte Costituzionale gli atti normativi in odore di incostituzionalità, anche con tutela cautelare d'urgenza.
Oggi questo non è possibile.
Il principio di legalità, che deve stare a base dei provvedimenti normativi e non, si estrinseca attraverso quello della legalità formale (secondo cui il potere deve essere attribuito per legge e deve essere esercitato nei modi e nelle condizioni stabilite dalla legge) e sostanziale (secondo il quale la legge attributiva del potere deve fissare i criteri che consentano di delimitare il potere attribuito).
Il principio di legalità è un caposaldo del garantismo nelle moderne Costituzioni.
L'applicazione di questo principio implica una garanzia per i cittadini nei confronti di eventuali abusi e/o di decisioni arbitrarie, il cui controllo è rimesso alla Corte Costituzionale.
La Corte, infatti, è chiamata a controllare se gli atti legislativi si siano formati con i procedimenti richiesti dalla Costituzione (cosiddetta costituzionalità formale) e se il loro contenuto sia conforme ai principi costituzionali (cosiddetta costituzionalità sostanziale).
Quanto alla sua sindacabilità costituzionale, questa, oggi, non è possibile con impugnazione immediata e diretta del cittadino (che non è consentita in Italia), ma attraverso il cosiddetto controllo di costituzionalità "incidentale" della Corte, se adita.
La questione di costituzionalità di una legge può sorgere, difatti, solo come "incidente" nell'ambito di un comune processo, avente ad oggetto una qualsiasi materia controversa, ed è proposta alla Corte Costituzionale dal Giudice del processo, attraverso un suo preliminare vaglio di fondatezza.
Il nostro ordinamento, inoltre, a differenza di altri, non ammette neppure un procedimento cautelare (d'urgenza) costituzionale. Non riconosce, cioè, al cittadino il diritto di ricorrere direttamente alla Corte Costituzionale per ottenere la sospensione urgente di una norma presuntivamente incostituzionale e foriera di danni imminenti.
Facciamo un esempio pratico.
Sul D.L. Natale, immediatamente esecutivo e adottato solo dal Governo (che ha imposto le limitazioni alle libertà costituzionali e dove noi abbiamo riscontrato la violazione della legalità sostanziale) non è possibile un controllo giurisdizionale immediato.
Aggiungiamo, poi, che il DL, per sua natura, si sottrae anche ad un confronto parlamentare. Viene adottato d'urgenza dal Governo e deve essere convertito dal Parlamento entro 60 giorni, pena la sua decadenza con effetto retroattivo.
Il controllo nel merito, infatti, viene posticipato in sede di conversione.
Dunque, sul piano procedimentale, il Governo emana il decreto legge e la maggioranza parlamentare che lo sostiene (a volte anche ponendo la fiducia) valuta il merito della responsabilità politica del Governo.
E ciò con tutti i limiti che abbiamo più volte evidenziato in termini di assenza di un democratico contraddittorio con le forze di opposizione.
Quanto alla sua sindacabilità costituzionale, questa purtroppo è rinviata dopo l'entrata in vigore della legge di conversione e non in maniera diretta con ricorso alla Consulta.
Ma ormai gli effetti si sono prodotti e le libertà, illegittimamente compresse, non possono essere restituite. Idem per i danni subiti.
Noi, invece, come detto, proponiamo il riconoscimento della facoltà, riconosciuta al cittadino e all'impresa, di adire direttamente la Corte Costituzionale, con la possibilità anche della tutela cautelare d'urgenza.
Questo può avvenire attraverso una legge Costituzionale secondo l'art. 137 della Costituzione.
Questa prerogativa costituzionale attualmente è prevista solo per lo Stato e le Regioni che possono impugnare direttamente alla Corte gli atti normativi che invadono le rispettive sfere di competenza costituzionale.
Ma il "gravame" diretto alla Consulta da parte dei cittadini non è ignoto alle moderne Costituzioni.
Ne abbiamo parlato in questo post “Legge incostituzionale: tra Italia e Germania c'è di mezzo la tutela d'urgenza” riferendoci alla Germania.
Ecco, riteniamo che questo strumento di "democrazia partecipativa" consentirebbe un intervento diretto del cittadino sul “controllo” dei diritti costituzionali e promuoverebbe la rinascita di un nuovo spirito politico.
Per non essere sudditi di persone ma di leggi.
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