Il presidente francese ha annunciato oggi che intende spostare la produzione di circa 50 medicinali essenziali in Francia, in modo che il sistema sanitario possa far fronte alla carenza di prodotti ampiamente utilizzati come antibiotici e paracetamolo.
di Nicola e Gabriele Iuvinale
Durante una visita nel dipartimento dell'Ardèche, nel sud della Francia, il capo dello Stato ha fatto riferimento ai prodotti farmaceutici "per i quali è stata dimostrata la nostra dipendenza dalle importazioni extraeuropee": è quindi necessario "delocalizzare" la produzione .
Per 25 farmaci, la produzione sarà spostata in Francia o aumentata in modo significativo nelle prossime settimane, ha affermato il presidente.
Ci sono medicinali già prodotti internamente, ma in quantità insufficienti rispetto alla domanda, ha spiegato un consigliere della presidenza francese. Lo stato sosterrà otto progetti di ricollocazione, che richiedono investimenti totali per oltre 160 milioni di euro, ha affermato.
Nel mirino l'amoxicillina prodotta dall'azienda britannica GSK di Mayenne, alcuni prodotti strategici per l'anestesia e la rianimazione, analgesici della famiglia della morfina e farmaci oncologici.
Il presidente ha promesso che nei prossimi giorni sarà destinata a tali progetti una prima tranche di fondi, di 50 milioni di euro.
I 50 farmaci individuati finora sono in una lista di 450 prodotti prioritari, per i quali "dobbiamo assolutamente mettere in sicurezza le nostre filiere, spostandoci completamente o diversificando e continuando l'innovazione", ha affermato.
La lista avrebbe dovuto essere presentata già oggi al Senato francese dal ministro della Salute, Francois Braun.
La Francia dipende dalle importazioni di farmaci nella misura del 60-80%: la principale fonte è la Cina.
Secondo uno studio realizzato a marzo dalla società BVA per la France Assos Sante (associazione di pazienti e beneficiari di servizi sanitari), citata dalla presidenza, il 37% dei francesi ha dovuto affrontare carenze di medicinali nelle farmacie.
L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha enfatizzato le vulnerabilità esistenti nella catena globale di approvvigionamento dei farmaci.
Gli Stati hanno dovuto affrontare un bisogno sempre più impellente di molti medicinali generici utilizzati di routine negli ospedali, anche per i pazienti più critici. Per parecchi di questi farmaci, le materie prime e i principi attivi farmaceutici generici (API) sono prevalentemente prodotti in Oriente.
La pandemia ha messo in luce quanto questa catena dipenda dalla Cina, anche per i componenti chimici più elementari. Data la loro complessità, queste catene devono far fronte ad ulteriori potenziali interruzioni che possono verificarsi lungo il percorso di approvvigionamento all’interno e all’esterno sia degli USA che dell’UE.
La catena della fornitura farmaceutica statunitense e dell’Unione Europea dipende dal continuo rifornimento di API dalla Cina.
Questa dipendenza, dunque, costituisce una vulnerabilità chiave. Pechino comanda il mercato degli API ed ha un’ambizione ancora più grande: diventare il centro dell’industria farmaceutica globale.
Quanto all’UE, la Commissione Europea sostiene che l’Unione importa circa l’80% degli API da soli 5 Paesi: Cina per il 45%, poi Stati Uniti, Regno Unito, Indonesia e India. Uno studio del MERICS indica una significativa dipendenza europea dalla Cina per il 97,9% dalla vitamina B e per il 97,4% dall’antibiotico ad ampio spettro cloramfenicolo.
In definitiva ciascun Paese dipende dalla Cina.
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