Un fiume enorme di denaro è destinato ad entrare presto nelle tasche del nostro Stato attraverso gli strumenti di sostegno finanziario approntati dall'Unione Europea. Tanti, esattamente il doppio di quelli che gli Stati Uniti inviarono all'Italia, attraverso il Piano Marshall, per la ricostruzione post bellica.
Un quantità imponente di soldi che farà gola a molti, compresa la criminalità organizzata sempre pronta a sfruttare ogni occasione utile di guadagno.
Più specificamente, quasi il 90 per cento delle risorse - 312,5 miliardi di trasferimenti e tutti i 360 miliardi di prestiti - verrà veicolato attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza.
Le più recenti stime della Commissione europea indicano che la quota di sovvenzioni per l’Italia sarebbe pari a 65,5 miliardi circa (di cui 44,7 nel biennio 2021-22), mentre di oltre 120 miliardi sarebbe la quota di prestiti. Stime ancora provvisorie da valutarsi anche con riferimento all'esatta portata dei fondi propri degli Stati.
Tanto denaro, dunque, che è bene ribadire non ci verrà regalato (salvo, come detto, una parte) ma dato in prestito.

Debito, quindi, che andrà ad aggiungersi all'enorme deficit pubblico già accumulato negli anni dal nostro Paese. E poi tasse, tante, che andranno a finanziare anche il prossimo bilancio europeo.
E tutto questo accade in un momento storico in cui le cose in Italia non vanno affatto bene. La crescita, praticamente inesistente, del prodotto interno lordo si protrae da almeno 25 anni. E non riusciamo (o non vogliamo) trovare la soluzione. Per questo il nostro Paese è attualmente nel braccio preventivo del patto di stabilità e crescita ed è soggetto alla regola del debito (attualmente sospesi). Insieme a Cipro e Grecia, infatti, siamo lo Stato che presenta i maggiori rischi macroeconomici. Insomma, rappresentiamo un rischio concreto anche per la stabilità dell'area euro.
Il rapporto debito pubblico/ pil arriverà a quasi il 170%. Serve, immediatamente, crescita per poterlo sostenere.
E la crescita non può che realizzarsi anche con quelle riforme strutturali che mancano oramai da decenni; riforme, che nell'attuale Governo sono ancora, ed in modo preoccupante, in mente dei.
E qui, allora, si pone un'ulteriore questione, delicata.
Chi ci garantirà che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che il Governo italiano andrà ad approntare sarà giusto e corretto anche dal punto di vista del suo impatto macroeconomico?
Chi (e come) eserciterà un controllo preventivo e periodico sul rispetto dei vincoli di spesa ivi indicati?
Domande legittime.
Ma la risposta è semplice ed al tempo stesso allarmante. Attualmente solo la Commissione europea.
Come previsto nell'accordo del Consiglio EU del luglio scorso, soltanto a lei spetterà, infatti, il compito della valutazione dei Piani - che dovrà poi essere approvata a maggioranza qualificata dal Consiglio - e certificare il soddisfacente conseguimento di obiettivi intermedi e finali specificati nei Piani stessi; quest'ultimo adempimento necessario per l’effettiva erogazione dei fondi (che comunque non potrà avvenire oltre il 2026).
E non possiamo fare affidamento solo sulla procedura definita di "freno d'emergenza", secondo cui ogni Stato membro potrà opporsi alla valutazione positiva per gravi scostamenti. Questa resterà lettera morta, come lettera morta è rimasta anche la cosiddetta sorveglianza macroeconomica prevista dai trattati europei dopo la crisi dei debiti sovrani.
Possiamo, allora, fidarci completamente solo della Commissione?
Vale la pena ricordare che la stessa Corte dei Conti europea è intervenuta recentemente censurando aspramente la sistematica violazione da parte degli Stati delle raccomandazioni europee e l'eccessiva morbidezza della Commissione di fronte a tali condotte, proponendosi, dunque, come organismo di vigilanza di secondo livello sull'uso dei fondi europei del Next Generation EU.
Come leggere, allora, questo intervento?
Facile dargli una interpretazione. C'è preoccupazione anche livello UE. E questa apprensione dovremmo averla anche noi cittadini che, non dimentichiamolo, siamo i garanti di ultima istanza della politica nostrana.
Questi rischi andrebbero, dunque, mitigati e potrebbe esserci una soluzione.
La giurista Vitalba Azzollini da anni si batte per l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico di un organismo che abbia il potere di sindacare preventivamente la bontà dei progetti e delle riforme essenziali per il nostro Paese. Si chiama giudizio di valutazione ex ante, Una sorta di audit preventivo.
Bene, perché quest'idea non metterla, allora, in pratica proprio ora soprattutto per questi fondi europei ove i rischi, anche per un eventuale loro uso indebito, si presentano altissimi?
Perché non creare un organismo indipendente con il compito di verificare preventivamente se il PNRR del Governo potrà essere realmente sostenibile, se tale piano sarà in grado di incidere positivamente sui conti dello stato (e magari correggerli) e generare quella crescita economica che ci consentirà di ripagare anche il debito. Il modus operandi di questo Soggetto terzo, però, dovrebbe basarsi anche sul potere di verificare periodicamente la correttezza delle spese ed il rispetto delle tempistiche previste nel piano approvato. Le competenze, poi, dovrebbero essere estese anche al controllo su altri strumenti di sostegno quali lo SURE e l'eventuale MES pandemico. Ovviamente, a tale organismo andrebbe riconosciuto un reale potere sia di intervento che sanzionatorio, senza i quali rischierebbe di essere una mera enunciazione di principio.
Costituirebbe un bel passo in avanti per la creazione di un moderno Stato.
Peraltro, occorre ricordare che un simile organismo non è estraneo agli ordinamenti giuridici di altri Paesi.
Pensiamo, ad esempio, alla Germania ove l'articolo 109a GG della Costituzione prevede, in caso di maggiore indebitamento dello Stato, l'introduzione di forme di controllo e di accertamento preventivo delle situazioni di emergenza. Il profilo di maggiore interesse risiede proprio nell'istituzione di un apposito organo di controllo denominato Consiglio di Stabilità. Il suo modus operandi si fonda su un controllo di tipo preventivo e periodico della situazione finanziaria, con potere di disporre una serie di misure di risanamento qualora sia rilevata una situazione di emergenza del bilancio imminente.
Ecco, perché non mutuarlo anche qui da noi? Siamo ancora in tempo.
Non dimentichiamoci che questa volta non avremo una seconda possibilità.
Gli errori del decisore politico li pagheremo a carissimo prezzo. E soprattutto saranno le future generazioni a doverli risarcire, incolpevolmente.
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