Il Cashback di Stato e il tozzo di pane
- Gabriele Iuvinale
- 15 dic 2020
- Tempo di lettura: 3 min
di Nicola Iuvinale
Svendere la propria libertà per un tozzo di pane. Non è una novità, appartiene al DNA del popolo italico.
La sudditanza allo “Stato burocrate”, una soggezione paragonabile ai vecchi sistemi dell'Est dove il cittadino, di fatto, era “schiavo” di istituzioni che lo sottoponevano ad uno spionaggio perpetuo.
Un metodo, ovviamente, non formalmente applicabile in un moderno sistema democratico, ma sostanzialmente raggiungibile nelle finalità. Se lo si vuole e se lo si accetta.
Basta chiamarlo in modo differente e trovargli una “pezza” d'appoggio.
Nei Paesi dell'Est il denaro era considerato il “diavolo” da combattere. Non doveva circolare per schiavizzare ed affamare il popolo.

E qui, in terra italica, dove lo sperpero di Stato è in qualche modo “tollerato”, il contante viene considerato il nuovo “demone” da sconfiggere. Il suo uso è “presunzione” di evasione fiscale.
E si impone, quindi, una sorta di sistema di spionaggio perpetuo che evoca ambienti da “Stasi”.
“Signore e signori, ecco a voi il Cashback di Stato!”.
Questa misura, concepita anni fa in un qualche stanza ministeriale, è stata riesumata oggi dal Governo grillino-piddino.
“Se spendi con moneta elettronica ti regalo un po' di soldini”. Il tozzo di pane che potrai rimettere in tasca (rectius, in banca) in cambio di un po' di cessione di “libertà”.
Una misura finanche socialmente iniqua perché disancorata dal reddito. Chiunque ne può usufruire, indipendentemente dalle proprie entrate. Accessibile a chi può disporre di soldini, ma praticamente inutile a chi non può spendere.
Una misura fatta passare come aiuto ai negozianti e cittadini ma, di fatto, finalizzata a combattere l'evasione fiscale.
Non che l'evasione sia giusta, sia chiaro. Ma gli strumenti utilizzati da uno Stato “spendaccione” per combatterla sembrano sistemi da vecchia Europa dell'Est, seppur attualizzati e resi leciti.
E su questa crociata, quella cioè alla lotta all'evasione, in tanti oggi si sono schierati a favore del Cashback di Stato, svendendo la propria libertà.
L'“odio” rivolto verso chi lavora in proprio, chi ha una partiva IVA, contro chi produce, è costantemente alimentato da uno Stato dilapidatore di soldi, che vede negli imprenditori gli evasori fiscali da combattere.
Ma lo Stato che la combatte, però, a ben vedere, è esso stesso un dissipatore cronico di denaro dei contribuenti.
Uno Stato che ha abbandonato le generazioni future, costrette a lavorare come “schiavi” (ammesso che trovino un lavoro), sulle cui spalle è stato riversato immoralmente l'enorme debito pubblico, compreso quello che verrà con l'uso delle risorse europee.
E in nome di questo Stato che “spende e spande”, c'è pure chi si ostina a portare avanti il discorso dell'evasione fiscale, facendone una contrapposizione sociale.
E su questa premessa, proprio quella politica che proclama la monetizzazione del debito pubblico (che essa stessa ha creato) ha adottato la misura del Cashback di Stato e la lotteria degli scontrini.
E in cambio di ciò cosa si cederà?
Si cederà la libertà perché abbinando lo scontrino al pagamento elettronico, si finisce per fornire al fisco qualsivoglia informazione. Dati che confluiranno nei computer dei burocrati.
Quei big data finiranno anche nei cervelloni dell'Agenzia delle Entrate che, nei piani del Mef, finirà per disporre di informazioni che serviranno per i 730, Unico e bilanci societari precompilati. Documenti, che poi si sarà “obbligati” ad accettare per non correre il rischio di un eventuale accertamento fiscale.
La cessione della libertà in cambio di un “tozzo di pane” per continuare a sorreggere uno Stato, ed una classe politica, che ci imporrà anche l'ennesima patrimoniale in nome della lotta all'evasione fiscale.
E come disse Fedor Dostoevskij nell'Idiota: Ma che idiota sono mai adesso, se capisco benissimo che mi si ritiene un idiota?”.
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