Ieri Giovanni Brusca è uscito dal carcere dopo 25 anni. Entra nel programma di protezione dei pentiti. Gli sconti di pena li ha ottenuti grazie ad una "mia legge"
G. Iuvinale
Oggi le mie mani vanno da sole. Chi arma la tastiera è Giovanni Falcone. E sì, perché quel maggio del 1992 è rimasto dentro di me come un lutto mai superato. Stessa sensazione di quando è morto il mio papà. Ed in me ora convivono entrambi.
Nell'estate del 1992 preparavo l'esame di diritto costituzionale. Ero ancora giovane ma la morte di quel magistrato, affabile e colto, mi fece capire quanto quell'uomo mi aveva donato in termini di libertà e cultura giuridica. Non solo il bene più prezioso in assoluto, la sua vita, ma anche un sistema di norme, fino a quel momento ignote al mondo giuridico, che avrebbero concorso, in modo significativo, a sconfiggere l'omertà mafiosa e la bestiale brutalità umana su cui essa si fondava.
Regole, però, che molti politici hanno pubblicamente ed ingiustamente criticato senza conoscerne l'origine e l'importanza.
Cerco di spiegarmi.
Alla realizzazione di un impianto giuridico sulla protezione e l’assistenza dei collaboratori di giustizia, il nostro ordinamento è pervenuto per gradi, attraverso disposizioni normative che si sono integrate e stratificate nel tempo.
Era sorta la necessità, compresa da Falcone, di fornire concrete risposte ai numerosi episodi di violenza e di sangue che avevano caratterizzato l’attività della criminalità organizzata tra la fine degli anni Settanta ed i primi anni Novanta.
Sin dai primi anni Ottanta, alcuni magistrati, impegnati sul fronte dell’antimafia, avevano prospettato l’esigenza di introdurre nuove forme di intervento premiale per la criminalità organizzata.
Ecco. Gli sconti di pena di cui ha goduto Giovanni Brusca, li ha avuti grazie al decreto-legge 15 gennaio 1991 n. 8, poi convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 («Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia»).
E questo cambio di rotta, dato dal nuovo indirizzo legislativo che ha portato poi a grandi risultati nella lotta alla criminalità mafiosa, si riflette grazie al prezioso contributo di Giovanni Falcone (nominato nel marzo del 1991 Direttore generale degli Affari penali presso il Ministero di Grazia e Giustizia), nell’emanazione del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, che disciplina la prima fattispecie premiale per i dissociati dalle organizzazioni mafiose. Un impulso fondamentale per la stesura della norma, data dal fatto che Falcone stesso era siciliano e conosceva bene le ragioni alla base della cultura omertosa.
Per questo motivo, dunque, se Falcone fosse ancora vivo oggi, ci ricorderebbe che "questa legge" l'ha voluta lui stesso. E ci spiegherebbe che l'uscita dal carcere di Giovanni Brusca è la semplice applicazione di una regola dello "stato di diritto".
Al di là dei crimini commessi che sono e resteranno sempre delle atrocità indiscusse.
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