G Iuvinale
L'Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato (il Gabinetto cinese) e l'Ufficio informazioni del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, hanno pubblicato oggi (10 agosto) un White Paper intitolato "The Taiwan Question and China's Reunification in the New Era".
Il documento ribadisce sia che l'isola fa parte della Cina, sia la determinazione del PCC nel volere la riunificazione nazionale con ogni mezzo. Insomma, Pechino ha riaffermato la sua nota posizione e le proprie politiche nella cosiddetta nuova era di Xi Jinping: l'isola non si tocca.
Questi alcuni dei passaggi salienti del nuovo Libro Bianco:
Taiwan appartiene alla Cina fin dai tempi antichi. Questa affermazione ha una solida base nella storia e nella giurisprudenza [...] La risoluzione 2758 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite è un documento politico che racchiude il principio della Cina unica, la cui autorità legale non lascia spazio a dubbi ed è stata riconosciuta in tutto il mondo […] Il principio della Cina unica [One China] rappresenta il consenso universale della comunità internazionale; è coerente con le norme di base delle relazioni internazionali”;
"Siamo una sola Cina e Taiwan fa parte della Cina. Questo è un fatto indiscutibile supportato dalla storia e dalla legge. Taiwan non è mai stato uno stato; il suo status di parte della Cina è inalterabile";
"La realizzazione della completa riunificazione nazionale è guidata dalla storia e dalla cultura della nazione cinese e determinata dallo slancio e dalle circostanze che circondano il nostro ringiovanimento nazionale. Mai prima d'ora siamo stati così vicini, fiduciosi e capaci di raggiungere l'obiettivo di ringiovanimento nazionale. Lo stesso vale quando si tratta del nostro obiettivo di una completa riunificazione nazionale" ;
“Le azioni delle autorità del Partito Democratico Progressista hanno portato a tensioni nelle relazioni attraverso lo Stretto, mettendo in pericolo la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan e minando le prospettive e restringendo lo spazio per la riunificazione pacifica. Questi sono ostacoli che devono essere rimossi per portare avanti il processo di pacifica riunificazione”;
"Le forze esterne hanno incoraggiato e istigato azioni provocatorie da parte delle forze separatiste; questi hanno intensificato la tensione e il confronto attraverso lo Stretto e hanno minato la pace e la stabilità nella regione dell'Asia-Pacifico. Ciò è contrario alle tendenze globali alla base della pace, dello sviluppo e della cooperazione vantaggiosa per tutti e va contro i desideri della comunità internazionale e l'aspirazione di tutti i popoli. Fare affidamento su forze esterne non porterà a nulla per i separatisti taiwanesi e l'utilizzo di Taiwan per contenere la Cina è destinato a fallire. La ruota della storia procede verso la riunificazione nazionale e non sarà fermata da nessun individuo o forza";
"Per realizzare la riunificazione pacifica, dobbiamo riconoscere che la terraferma e Taiwan hanno i loro sistemi sociali e ideologie distinti. Il principio 'un paese, due sistemi' è la soluzione più inclusiva a questo problema. È un approccio che si basa sulla democrazia principi, dimostra buona volontà, cerca una soluzione pacifica della questione di Taiwan e offre vantaggi reciproci. Le differenze nel sistema sociale non sono né un ostacolo alla riunificazione né una giustificazione per il secessionismo",
"Siamo pronti a creare un vasto spazio per la riunificazione pacifica, ma non lasceremo spazio alle attività separatiste in nessuna forma" ;
"Lavoreremo con la massima sincerità ed eserciteremo tutti i nostri sforzi per ottenere una riunificazione pacifica. Ma non rinunceremo all'uso della forza e ci riserviamo la possibilità di prendere tutte le misure necessarie. Questo per proteggerci dalle interferenze esterne e da tutte le attività separatiste "Non prende di mira in alcun modo i nostri concittadini cinesi a Taiwan. L'uso della forza sarebbe l'ultima risorsa adottata in circostanze impellenti" ;
"Il futuro di Taiwan risiede nella riunificazione della Cina e il benessere delle persone a Taiwan dipende dal ringiovanimento della nazione cinese. Ci uniremo ai nostri connazionali cinesi a Taiwan per lottare per la riunificazione nazionale e il ringiovanimento";
"La riunificazione pacifica dello Stretto è di beneficio non solo per la nazione cinese, ma per tutti i popoli e la comunità internazionale nel suo insieme".
Si potrebbe dire nulla di nuovo all'orizzonte. Pechino, rectius Xi Jinping, ha ribadito con crescente assertività concetti imperialisti noti da tempo come quello del One China e la determinazione a prendersi (non riprendersi!) l'isola anche con la forza militare.
Sebbene la Cina sostenga l'unificazione pacifica con l'isola di Taiwan, Pechino non ha mai rinunciato all'uso della forza militare. Essa, infatti, ritiene che la minaccia della forza sia essenziale per impedire all'isola di compiere passi verso l'indipendenza.
La Cina sembrerebbe disposta a rinviare l'uso della forza militare solo se l'unificazione potrà essere negoziata e se i costi del conflitto superino i benefici, sostiene il Pentagono.
Nel gennaio 2019, Xi Jinping ha pubblicamente ribadito il rifiuto di Pechino di rinunciare all'uso della forza per risolvere la questione Taiwan, ma ha anche riaffermato la posizione dell'unificazione pacifica secondo il principio "un Paese, due sistemi".
In passato Pechino ha detto che qualsiasi dichiarazione di indipendenza (o una mossa in tal senso) di Taiwan provocherebbe un attacco. La Cina ha rifiutato l'impegno politico diretto con il suo Presidente, Tsai Ing-wen, perché quest'ultima si è rifiutata di riaffermare la formula politica “1992 Consensus” - un presunto accordo tra Taiwan, l'opposizione Kuomintang (KMT) e Pechino sull'esistenza di "una sola Cina – One China". Una riluttanza, interpretata da Pechino come aderente alle opinioni pro-indipendenza del Partito Democratico Progressista di Tsai.
Questa la posizione della Cina. Ma la realtà è ben altra sul piano del diritto internazionale.
Taiwan è uno Stato sovrano, con un Governo legittimo ed una propria economia fiorente. Come ha recentemente ribadito l'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata
“La comunità internazionale, pur riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese come l’unico Governo legittimo della Cina, non ha mai fatto un passo indietro sul tema: gli USA non hanno mai accettato la 'pretesa di sovranità' del Partito Comunista Cinese sull’isola, e la maggioranza assoluta degli Stati nel mondo dialoga correntemente con Taiwan, sia a livello bilaterale che in molti consessi internazionali (come ad esempio il WTO, l'Organizzazione Mondiale del Commercio). Nel 2016, con l’elezione a Taiwan dell’indipendentista Tsai Ing-wen, la tensione è salita, anche perchè Xi Jinping, dal canto suo, non ha mai fatto mistero delle sue volontà imperialiste e del desiderio di riannettere Taiwan...Inoltre, qualunque percorso per una "riannessione pacifica" e indolore di quella che Pechino considera semplicemente una propria provincia, è da escludere, perché la Cina non rispetterebbe (non l'ha mai fatto, in questi casi) nessun accordo: come dimostrano le violente repressioni delle proteste pacifiche a Hong Kong, della quale la Cina si era impegnata a rispettare la parziale autonomia, la firma di Pechino non vale nulla, è carta straccia... laddove un accordo dovesse non essere in linea con le aspettative di Pechino, semplicemente non verrebbe rispettato, sotto questo profilo la credibilità internazionale del PCC è purtroppo pari a zero”.
Recentemente, gli Stati Uniti hanno riaffermato che Taiwan rappresenta un partner chiave nell'Indo-Pacifico.
L'isola viene considerata importante alleato nel commercio e negli investimenti, nella salute, nei semiconduttori e in altre catene di approvvigionamento critiche, nello screening degli investimenti, nella scienza e tecnologia, nell'istruzione e nel promuovere i valori democratici. Taiwan, però, è essenziale per gli USA (e per la Cina) perché nell'isola si concentra quasi tutta la produzione globale dei chip di fascia alta, diversamente non reperibili.
Nel maggio 2020, la Casa Bianca ha pubblicato un rapporto intitolato “Stati Uniti Approccio strategico alla Repubblica popolare cinese” dove si afferma che "il mancato rispetto da parte di Pechino degli impegni assunti con i comunicati, come dimostrato dal suo massiccio accumulo militare, costringe gli Stati Uniti a continuare ad assistere l'esercito di Taiwan nel mantenere un'autodifesa credibile, che scoraggia l'aggressione e aiuta a garantire la pace e stabilità nella regione”.
In un Memorandum del 1982, il Presidente Ronald Reagan ribadì che “la quantità e la qualità delle armi fornite a Taiwan fosse interamente condizionata dalla minaccia rappresentata dalla Cina”.
Ufficialmente, la politica del Governo statunitense si basa sul Taiwan Relations Act (TRA) del 1979 e su una pratica informale nota come "ambiguità strategica", in base alla quale gli USA non affermano esplicitamente se verranno in difesa di Taiwan in caso di attacco cinese. Il TRA ha gettato le basi legali per i continui legami tra gli Stati Uniti e Taiwan dopo che Washington ha trasferito il riconoscimento diplomatico a Pechino nel 1979. Oltre a creare una società senza scopo di lucro chiamata American Institute a Taiwan, attraverso la quale vengono condotte le relazioni USA-Taiwan, il TRA afferma che è politica degli Stati Uniti:
“considerare qualsiasi sforzo per determinare il futuro di Taiwan con mezzi diversi da quelli pacifici, compresi boicottaggi o embarghi, una minaccia alla pace e alla sicurezza dell'area del Pacifico occidentale e di grave preoccupazione per gli Stati Uniti”;
"mettere a disposizione di Taiwan articoli e servizi di difesa nella quantità che potrebbe essere necessaria per consentirle di mantenere una capacità di autodifesa sufficiente";
“mantenere la capacità [...] di resistere a qualsiasi ricorso alla forza o ad altre forme di coercizione che metterebbero a repentaglio la sicurezza, o il sistema sociale o economico, della popolazione di Taiwan”.
Il TRA ha fornito la base legale per le vendite di armi statunitensi a Taiwan negli ultimi 40 anni. Nell'ottobre 2019, essa ha annunciato l'acquisto di aerei da combattimento F-16V per 8 miliardi di dollari. Dal 2010 al 2020, gli Stati Uniti hanno dichiarato vendite di armi a Taiwan per oltre 23 miliardi di dollari.
I fautori dell'ambiguità strategica sostengono che la pratica offra agli Stati Uniti una flessibilità di decidere se vogliono o meno essere coinvolti in una contingenza, un calcolo che dipende non solo dai costi di un potenziale conflitto, ma anche dall'opinione pubblica statunitense. Sostengono, inoltre, che incentivi sia Taiwan che Pechino ad evitare azioni destabilizzanti per paura di una risposta indesiderabile degli Stati Uniti. I critici, invece, sostengono che l'ambiguità strategica favorisca le condizioni che potrebbero indurre Pechino a calcolare male la probabilità di una vittoria del PLA in un conflitto, dato il drammatico squilibrio delle capacità militari attraverso lo Stretto, l'assenza di costi chiari per un'azione bellicosa e l'inevitabile ritardo di una risposta degli Stati Uniti a causa del tempo necessario per trasportare personale e beni attraverso l'Oceano Pacifico.
Riguardo tale “ambiguità strategica", l'Amministrazione Biden sembra, però, aver fatto una scelta verso una “strategia di chiarezza” sostenuta da più parti.
In diverse occasioni, il Presidente ha chiarito che avrebbe usato la forza militare per andare in difesa di Taiwan.
Per gli esperti, questa è la decisione corretta perché, in caso contrario, la posizione degli Stati Uniti sarebbe gravemente minacciata in Asia. Se la Cina dovesse occupare Taiwan, rappresenterebbe il più grande passo verso un'egemonia cinese su tutta la regione. Se Pechino dovesse piazzare le sue forze armate sull'isola, potrebbe più facilmente minacciare il Giappone e le Filippine, due alleati degli Stati Uniti. Oltre a ciò, la Cina otterrebbe il controllo di un'economia che è l'epicentro globale della produzione di semiconduttori di fascia alta e dell'ottavo partner commerciale degli USA.
La crescente assertività di Pechino richiede, dunque, un cambiamento nella politica degli Stati Uniti. Negli ultimi due decenni, la Cina ha perseguito una rapida modernizzazione militare, concentrandosi soprattutto sullo sviluppo di capacità che le consentano di sconfiggere Taiwan e di impedire agli Stati Uniti di andarle in aiuto. Anche la Cina è diventata più audace e la sua tolleranza al rischio è aumentata perché ha militarizzato il Mar Cinese Meridionale, ha schiacciato la democrazia a Hong Kong, ha combattuto con l'India lungo il confine conteso e ha cooptato economicamente i Paesi in Asia e in Europa.
Pechino sta anche esercitando maggiore pressione diplomatica su Taiwan, raddoppiando i suoi sforzi per isolarla a livello internazionale, l'ha punita economicamente ed ha aumentato le sue attività militari vicino all'isola.
Al momento, dunque, non è possibile prevedere come si comporterà la Cina. Dal 2018, però, il Dipartimento della Difesa USA (DOD) ha segnalato che Pechino può avere una capacità di invasione perché avrebbe elaborato un'"opzione" militare su Taiwan.
Xi Jinping ha proclamato l'obiettivo di raggiungere il "grande ringiovanimento della nazione cinese" entro il centenario della fondazione della Repubblica popolare cinese nel 2049 e il ringiovanimento e l'unificazione sono inestricabili agli occhi del PCC. Nel gennaio 2019, Xi ha affermato che la "questione Taiwan [...] finirà definitivamente con il ringiovanimento della Cina".
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