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L'impatto Zero-Covid in Cina: i dati di Pechino sono veri?

I drammatici lockdown decisi dal PCC sono stati la causa di una contrazione storica dell'economia cinese nel 2020 e di un gravissimo rallentamento nel 2022. Ma una recente indagine ha fatto una scoperta sconcertante: i dati resi noti da Pechino sulla ripresa economica del 2020 e del 2021 sarebbero stati “enormemente gonfiati”


G Iuvinale

La strategia Zero-COVID ha avuto un costo molto elevato per la Cina, con l'economia che ha subito molteplici periodi di intensa debolezza e tutt'ora non riesce a raggiungere livelli di crescita pre-pandemia.

Foto gettyimages

Le ripercussioni di questa drammatica politica voluta da Xi Jinping sono evidenti nei pessimi risultati del primo trimestre 2020 e in quelli del secondo trimestre del 2022, quando i pesanti lockdown sono stati messi in atto. Tuttavia, secondo Shehzad H. Qazi, Chief Operating Officer & Managing Director del China Beige Book International (CBB) - che raccoglie dati economici da migliaia di aziende in Cina – ci sarebbe un problema di integrità dei dati ufficiali cinesi sia nel 2020 che nel 2021 (1). In particolare, secondo l'esperta

La contabilità dell'indagine forense delle statistiche ufficiali cinesi del 2020 ha rapidamente rivelato che i numeri economici chiave erano stati enormemente gonfiati a causa delle revisioni al ribasso dei valori di base del 2019. Questa depressione dei dati dell'anno precedente ha creato un'apparenza di crescita […] Questa pratica di revisioni al ribasso è continuata nel 2021”.

Cosa significa tutto ciò? Che la crisi economica cinese potrebbe essere più grave di quanto si pensi.

Andiamo con ordine, però.


La strategia Zero – COVID

Il COVID-19 è emerso a Wuhan due anni fa e si è diffuso rapidamente in tutto il mondo. Ha infettato centinaia di milioni di persone e provocato più di sei milioni di vittime. Dopo aver domato l'epidemia iniziale, la Cina ha chiuso le porte al virus imponendo un rigido regime di confinamento residenziale e chiusure di attività, quarantene, test di massa e severi controlli alle frontiere. Questa risposta, che Pechino chiama oggi "compensazione dinamica", è nota a livello internazionale come Zero-COVID. Si tratta di una strategia che il Presidente Xi Jinping e i suoi fidati hanno utilizzato per rafforzare le aspirazioni della Cina verso una leadership globale e per consolidare la posizione incontrastata del suo leader al vertice del PCC.

Il Coronavirus”, ha detto l'Ambasaciatore e già Ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata, riferendosi alla Cina, “è l'arma perfetta, giocata come influenza politica, dal punto di vista propagandistico, sul piano della disinformazione. Nemmeno la diplomazia [cinese] si fa scrupolo a dire falsità: l'ultima è che il virus non sarebbe nato a Wuhan, ma che glielo abbiamo trasmesso noi italiani. I cinesi vogliono mostrarsi come modello vincente mentre le democrazie occidentali sono tutte malate… E si tace sul resto. Dopo l'epidemia di Sars, la Cina ha firmato nel 2005 un regolamento internazionale sulla salute con altri 170 Stati. Esso obbliga ogni Paese aderente a comunicare a tutti gli altri entro le 24 ore la scoperta di qualsiasi virus dovesse riesplodere. Quanti mesi ha passato Pechino in silenzio? E quanti mesi sono passati prima che una missione dell'Oms potesse recarvisi? [Tredici mesi] e la missione è composta di esperti reclutati con il gradimento cinese. La Cina vuole fare emergere soltanto ciò che le fa comodo. È una vera guerra quella che sta combattendo contro l'Occidente, con munizioni di propaganda, di influenza politica e di ricatto economico”.

L'apparente efficacia iniziale della politica Zero-COVID - dopo che l'epidemia iniziale di Wuhan ha ucciso diverse migliaia di cittadini cinesi - ha fornito al PCC un'importante fonte di propaganda per affermare la superiorità delle sue politiche e del proprio sistema di governance rispetto ai concorrenti internazionali, in particolare gli Stati Uniti.

Eppure, l'emergere di varianti di Coronavirus altamente infettive - prima la Delta a partire dalla fine del 2021 e poi Omicron a marzo ed aprile 2022 - hanno messo a dura prova la politica Zero-COVID oltre il punto di rottura. I focolai si sono diffusi in tutta la Nazione a marzo 2022, portando i Governi locali ad imporre blocchi che hanno interessato venticinque milioni di abitanti di Shanghai, la potenza economica di Shenzhen e le Province da Hainan nel sud a Jilin nel nord-est. Tali focolai, però, hanno dimostrato che l'approccio focalizzato sullo Zero Covid non può più contenere la pandemia. Insomma, un fallimento.

La logica di questa politica antipandemica è stata ancorata dal PCC anche alla realtà del sistema sanitario pubblico del Paese che è mal attrezzato. La Cina, infatti, ha 2,7 infermieri ogni mille persone, ben al di sotto della media di 11,5 delle economie avanzate e solo 4,4 posti letto di terapia intensiva ogni centomila persone contro 25,8 negli Stati Uniti e 33,9 in Germania.

I fatti.

A partire dal 23 gennaio 2020, dopo circa di 2 mesi lo scoppio iniziale del virus, le autorità cinesi hanno imposto un blocco a Wuhan, la capitale della provincia di Hubei, e in altre grandi città. I lockdown hanno incluso anche la chiusura delle principali autostrade (per impedire ai cittadini di lasciare le città) e la sospensione dei servizi ferroviari nazionali.

Alla fine di gennaio 2020, il Consiglio di Stato (il Gabinetto cinese) ha annunciato l'estensione delle vacanze del capodanno lunare fino al 2 febbraio, ma circa 24 Province, più della metà del Paese, hanno disposto la chiusura delle attività non essenziali almeno fino al 9 febbraio. Secondo i calcoli della CNBC, nel 2019 queste Province avevano rappresentato oltre l'80% del prodotto interno lordo (PIL) cinese e il 90% delle sue esportazioni.

All'inizio del 2020, CBB ha creato nuove metriche per misurare l'entità delle chiusure delle attività commerciali e l'impatto economico dei lockdown in Cina. Dai dati raccolti da oltre 1.400 aziende tra il 13-28 febbraio, è risultato che a livello nazionale circa il 29% delle imprese è rimasto chiuso fino alla fine del mese. Inoltre, dove le imprese avevano ripreso a funzionare, i dipendenti (29%) stavano ancora lavorando da casa o erano in attesa di iniziare a lavorare nei cantieri (7%). Solo un terzo (34%) delle imprese ha dichiarato di funzionare normalmente.

Ma CBB fa notare che i dati in suo possesso differiscono notevolmente da quelli resi noti dalla Cina sulla ripresa dell'attività nel 2020.

Infatti, mentre Pechino ha comunicato che il 91% della forza lavoro delle imprese statali (SOE) era tornata in ufficio alla fine di febbraio 2020, i dati della CBB mostrano invece che solo il 33% dei dipendenti delle aziende statali era rientrato in loco, ovvero oltre i due terzi (67% ) delle SOE erano state bloccate fino alla fine del mese. Secondo CBB, però, la situazione è migliorata successivamente tanto che a metà marzo 2020 solo il 9% delle aziende rimaste chiuse. Ma, come si vedrà, secondo Shehzad H. Qazi tali lockdown si sono tradotti in una storica contrazione economica nel primo trimestre del 2020, devastando almeno temporaneamente ogni segmento dell'economia cinese.

Gli effetti dannosi di tali blocchi hanno contribuito all'evoluzione della politica Zero-COVID nel 2021 e nel 2022, con i responsabili politici cinesi che oggi lo definiscono "Zero-COVID dinamico". I blocchi disposti nella primavera e nell'estate 2022, infatti, hanno seguito questo approccio “ammorbidito” con lockdown più circoscritti a quartieri, distretti e città. Inoltre, da maggio 2022 anche i periodi di quarantena per i visitatori in entrata sono stati ridotti a 10 giorni (dai 21 giorni del 2020 e del 2021).


L'Impatto economico dello Zero-COVID

La strategia Zero-COVID ha avuto un costo elevato per la Cina, con l'economia che ha subito molteplici periodi di intensa debolezza e non riesce a raggiungere i livelli di crescita pre-pandemia.

Secondo un sondaggio del China Beige Book, la più forte recessione economica nella storia cinese si è verificata nel primo trimestre del 2020 (Q1), quando la maggior parte delle attività commerciali è praticamente cessata durante la prima applicazione della politica Zero-COVID.

Ogni settore, ogni regione e ogni metrica chiave che monitoriamo ha registrato una netta contrazione durante questo periodo. Peggio ancora, ognuna di queste metriche è scesa al livello più basso mai registrato. E questo autunno [2020] non è stato solo un colpo secco, come implicitamente affermato dal governo. Fondamentalmente, i risultati hanno continuato a peggiorare anche fino a metà marzo, punto in cui l'economia aveva presumibilmente iniziato a tornare alla normalità, secondo il Governo cinese.

La gravità della devastazione causata dal blocco totale è stata percepita in modo toccante dai sentimenti espressi dai dirigenti di livello C nel sondaggio del primo trimestre della CBB, quando il 72% di essi ha affermato che i ricavi della loro azienda erano diminuiti come conseguenza diretta del virus COVID-19 e dei successivi lockdown. E' stato in questo periodo, dice Shehzad H. Qazi, che la leadership di Pechino ha iniziato a comunicare al mondo le prospettive di un rapido rimbalzo economico a “V”. A soli tre mesi dalla storica contrazione dell'economia cinese, il National Bureau of Statistics of China (NBS) ha pubblicato i dati del secondo trimestre 2020, affermando un'espansione della crescita del 3,2% anno su anno. Per il resto del 2020 i dati resi noti hanno continuato a mostrare un forte slancio positivo, con l'economia non solo in ripresa dalla recessione di inizio 2020, ma addirittura in crescita rispetto al 2019. Tuttavia, per CBB la situazione sarebbe completamente differente rispetto a quella ufficiale, con l'economia di Pechino sfuggita a malapena ad un'altra contrazione del PIL nel secondo trimestre del 2020. Insomma, per CBB non ci sarebbe stata la ripresa dichiarata dal National Bureau of Statistics, con la contrazione economica estesa per l'intero 2020.

Perché i dati economici indipendenti di CBB dovrebbero differire in modo così significativo dalle statistiche ufficiali cinesi? Secondo CBB un esame più attento delle cifre ufficiali rivela che erano un gioco di irregolarità statistiche poste in essere da Pechino.

La contabilità dell'indagine forense delle statistiche ufficiali cinesi del 2020 ha rapidamente rivelato che i numeri economici chiave erano stati enormemente gonfiati a causa delle revisioni al ribasso dei valori di base del 2019. Questa depressione dei dati dell'anno precedente ha creato un'apparenza di crescita, quando in realtà l'economia ha continuato a lottare nel 2020.

Già nel 2021 si era parlato di una inattendibilità dei dati forniti da Pechino:

Uno sguardo ravvicinato alle statistiche ufficiali cinesi rivela che i numeri economici chiave sono stati selvaggiamente gonfiati. Le revisioni al ribasso delle loro linee di base del 2019 hanno creato l'apparenza di crescita, quando in realtà l'economia ha continuato a lottare nel 2020.
In una serie di revisioni nel corso del 2020, l'Ufficio Statistico Cinese ha ridotto di oltre 4,7 trilioni di yuan (equivalenti a circa 720 miliardi di dollari) l'importo aggregato degli investimenti fissi (FAI) del 2019... Modificando silenziosamente la linea di base, la Cina ha mascherato ciò che era di fatto una contrazione della spesa per investimenti durata un anno. Se aggregati sull'intero anno, i dati non rettificati mostrano una contrazione del FAI di circa il 5,9% rispetto al 2019.
Anche la linea di base per un'altra metrica critica, le vendite al dettaglio totali, che misura la forza dei consumatori, è stata rivista al ribasso, mostrando una crescita annuale positiva ogni mese da agosto 2020. I dati originali indicavano una crescita positiva a partire da un mese dopo, a settembre, e ad un tasso più lento per il resto dell'anno. Ancora più importante, le vendite al dettaglio totali aggregate si sono contratte anno su anno del 4,8% o circa 1,97 trilioni di yuan. Anche sulla base dei dati rivisti retroattivamente, le vendite al dettaglio accumulate sono diminuite del 3,9% nel 2020 rispetto all'anno precedente. Non importa come si tagliano i numeri ufficiali, rifiutano l'idea che la Cina stia assistendo a un'ampia ripresa che include i consumatori cinesi.

Questa pratica di revisioni al ribasso, continua l'esperta della CBB, è continuata nel 2021, dove i dati sulla crescita del FAI appena pubblicati includono nuovamente revisioni al ribasso dei dati nominali del 2019, continuando (Pechino) a propagandare il miraggio di una crescita forte e positiva, dove in realtà il FAI si è ridotto anche nel 2021 rispetto al 2019.

L'NBS cinese ha deciso di rimuovere tutti i dati FAI nominali dal suo database online, lasciando disponibili solo quelli sulla crescita. Queste discutibili pratiche statistiche e tattiche di soppressione dei dati hanno quasi distrutto ciò che una volta era considerato uno più importanti database sull'economia cinese.

Infine, vale la pena ricordare che anche i gruppi di ricerca di varie banche di investimento, le cui analisi e previsioni economiche sulla Cina si basano quasi esclusivamente su statistiche ufficiali cinesi, si aspettavano un rapido rimbalzo.

Non sorprende, conclude Shehzad H. Qazi, che i dati ufficiali che mostravano una rapida ripresa sono stati accettati acriticamente dai team di ricerca e consulenza sugli investimenti di Wall Street, "che hanno semplicemente chiuso un occhio sui gravi problemi di integrità dei numeri che stavano emergendo, e invece hanno ripetutamente affermato che la Cina aveva effettivamente realizzato una ripresa a V nel 2020".

E il 2022 si profila ancora peggiore per Pechino. I dati raccolti da CBB nel corso di aprile-giugno 2022, infatti, mostrano un'economia nella sua posizione più debole dalle recessioni indotte dal Covid di inizio 2020.


(1) CHINA’S ZERO-COVID POLICY ECONOMIC IMPACT, SUPPLY CHAIN DISRUPTIONS, AND THE FUTURE OF CHINESE GROWTH, Shehzad H. Qazi Chief Operating Officer & Managing Director China Beige Book Internationa, Testimony before the U.S.-China Economic and Security Review Commission Hearing on “Challenges from Chinese Policy in 2022: Zero-COVID, Ukraine, and Pacific Diplomacy”, 3 agosto 2022.



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