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Obiettivi di Pechino e guerra di Putin: convergenza o divergenza di intenti?

Tra i vari pensatori di politica estera si sussurra che il Presidente Xi Jinping possa svolgere un ruolo estremamente utile nella mediazione del conflitto. Sarà vero?


Cina


G Iuvinale

In attesa del colloquio telefonico di oggi (18 marzo, previsto alle14) tra Joe Biden e Xi Jinping, dove si parlerà di Ucraina ma anche di competizione tra i due Paesi, in molti - non


in Italia, dove questo pensiero è, more solito, completamente assente - si domandano quali effetti sortirà la guerra di Putin sulla politica estera cinese. E la risposta non è semplice. Certamente, deriveranno effetti positivi, ma anche negativi. Esaminiamoli.


La premessa maggiore: gli obiettivi di Pechino

Per prima cosa occorre porsi una domanda: quali sono gli obiettivi di Pechino in materia di politica estera?

I fini, esposti nei numerosi discorsi di Xi Jinping, nelle decisioni del PCC e nelle azioni sin d'ora intraprese, sono chiari a tutti. Il numero uno rimane Xi Jinping (le cui elezioni di ottobre non rappresentano un problema) ed insieme al PCC resteranno al potere a tempo indeterminato e governeranno 1,4 miliardi di persone; d'altra parte questo è sempre stato il vero " sogno cinese " di Xi.

Dunque, Xi Jinping e il PCC vogliono tre grandi cose:

  • un ambiente esterno sereno che continui a consentire alla Cina di accrescere il proprio potere economico, tecnologico e strategico

  • un controllo sempre più pregnante sull'economia interna, su tutti gli individui e le entità cinesi (vedasi Jack Ma e molte altre figure aziendali un tempo potenti)

  • una maggiore integrazione di altre economie nel mercato cinese, dove la Cina detta i termini e le condizioni come strumento per influenzare e controllare gli attori nel suo ambiente esterno.

Come si è detto anche qui, queste tre priorità interagiscono con la profonda partnership che si è sviluppata tra Mosca e Pechino a partire dal Trattato di buon vicinato e cooperazione amichevole del 2001. Partnership, evolutasi fin dal 2013 di pari passo con il crescente rapporto personale tra Xi Jinping e Vladimir Putin, culminato nella loro dichiarazione congiunta resa pubblica meno di tre settimane fa (cioè prima che Putin lanciasse la sua tanto attesa invasione dell'Ucraina il 24 febbraio).

In considerazione di tutto ciò, la guerra di Putin in Ucraina porta con sé conseguenze sia negative che positive per i governanti di Pechino.


Gli aspetti negativi

Per Michael Shoebridge, direttore del programma di difesa, strategia e sicurezza nazionale del think tank australiano Aspi, la guerra di Putin evidenzia le contraddizioni esistenti nella politica e nell'azione cinese. La lunga adesione di Pechino ai principi di non interferenza in altri Stati e al rispetto della loro sovranità, sembra priva di significato, dice l'esperto, o forse contraddittoria con la chiara protezione diplomatica di Xi (e del più ampio governo cinese) per un criminale come Putin (impegnato in una guerra aggressiva).

Il linguaggio vago e contrastante di Xi, ripetuto dal ministero degli Esteri cinese e da vari portavoce dei media statali, tenta di offuscare e smussare la stridente contraddizione della posizione di Pechino sulla guerra.

Ecco la lettura del ministero degli Esteri di Xi che parla con il tedesco Olaf Scholz e il Presidente francese Emmanuel Macron:

Il presidente Xi ha sottolineato che l'attuale situazione in Ucraina è preoccupante e la parte cinese è profondamente addolorata per lo scoppio della nuova guerra nel continente europeo. La Cina sostiene che la sovranità e l'integrità territoriale di tutti i paesi devono essere rispettate, gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite devono essere pienamente rispettati, le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi devono essere prese sul serio...

Quindi, per Xi Jinping la "situazione attuale" è "preoccupante", come se la guerra fosse un fenomeno naturale che preoccupa l'Europa piuttosto che il risultato del processo decisionale umano, in questo caso impitabile a qualcuno che Xi conosce bene: Vladimir Putin, aggiunge Shoebridge.

Xi, dunque, assicura di sostenere il motivo dichiarato da Putin per aver iniziato questa guerra e per aver ucciso così tanti civili ucraini. Xi dice a Macron e Scholz che "le legittime preoccupazioni per la sicurezza di tutti i paesi devono essere prese sul serio". Sa che questa frase, dice l'esperto dell'ASPI, è un'eco del linguaggio russo sul conflitto, come abbiamo sentito da personaggi come Putin, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov e il viceministro degli Esteri Alexander Grushko . Sa anche che non c'è nulla di legittimo nell'invasione dell'Ucraina da parte di Putin, uno stato che la Cina ha riconosciuto dal 1992 e membro delle Nazioni Unite dal 1991.

Poi c'è una questione di comparazione di interessi in gioco. La guerra aggressiva di Putin impone alle società e alle istituzioni finanziarie cinesi di conformarsi alle sanzioni occidentali perché, se non dovessero farlo, rischierebbero di perdere mercati molto più importanti di quello russo. E qui trapela anche una certa tensione tra le decisioni che dovranno prendere le aziende con l'opposizione dichiarata dal Governo alle sanzioni internazionali. Ma la riaffermazione da parte di Xi del controllo del PCC sulle imprese statali e su tutte le società cinesi,si tradurrà in un "signorsì" delle imprese stesse le quali, obtorto collo, saranno costrette a subordinare i propri interessi commerciali a quelli dello Stato ed alle direttive politiche del partito.

Tuttavia, Pechino ha investito enormi capitali a deficit nella Belt and Road e deve consolidarli al più presto. Dunque, dovrà trovare il modo per continuare a commerciare e sostenere anche la Russia, economicamente e finanziariamente, mentre Putin fa la guerra. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha affermato che, poiché la Cina "non è una parte in conflitto", non dovrebbe adottare sanzioni o rispettarle. ed i funzionari cinesi sono andati addirittura oltre, dicendo che la Cina spera di mantenere il normale commercio con la Russia mentre Putin è nel mezzo della sua guerra.

Da questo punto di vista, secondo taluni esperti dovremmo aspettarci che la politica del governo cinese faccia il minimo necessario per essere tecnicamente conforme alle sanzioni internazionali, progettando in modo creativo modi per fornire alla Russia supporto economico e finanziario.

Gli aspetti positivi

Le sanzioni internazionali stanno offrendo ai responsabili politici di Pechino l'opportunità di apprendere come questa tipologia di ritorsione possa essere sviluppata quale arma politica da utilizzarsi in futuro prossimo. Insomma, la situazione attuale è divenuta una sorta di campo di apprendimento che indicherà a Pechino il miglior meccanismo sanzionatorio da utilizzare in futuro contro terzi.

Secondo alcuni studiosi, dovremmo aspettarci, inoltre, che la (presunta) dichiarata neutralità della posizione di Pechino contro le sanzioni "unilaterali", agevolerà i funzionari cinesi quando si tratterà di utilizzarle come armi per completare la loro subdola ed unilaterale coercizione economica.

E le sanzioni contro la Russia possono rappresentare un potente catalizzatore per accelerare l'attuazione della strategia economica e tecnologica di Pechino della cosiddetta doppia circolazione, volta a ridurre la dipendenza della Cina dai mercati finanziari, dalle catene di approvvigionamento e dalla tecnologia di USA ed UE, con particolare attenzione alle tecnologie digitali.

E questa era già una questione centrale nel pensiero economico di Xi e dei i suoi accoliti del Politburo a causa della crescente competizione strategica e tecnologica tra Cina, Stati Uniti e, sempre più, anche con l'UE.

Nei giorni scorsi Xi Jinping è stato avvertito dagli USA sulle possibili conseguenze in caso di aiuto alla Russia, ed oggi i due leader si parleranno personalmente anche per capire come la Cina intenderà affronare la questione Mosca, cioè se con Putin o con l'Occidente. Insomma, dovrà chiarire, una volta per tutte, da che parte sta.

Tuttavia, quel disaccoppiamento economico USA/Cina diventerà ancora più veloce se Pechino fornirà supporto economico, finanziario e diplomatico a Putin. L'intelligence statunitense ha detto che Mosca ha già chiesto a Pechino questo tipo di assistenza, che a quanto pare includerebbe anche forniture militari come i droni armati. E le informazioni erano sufficientemente affidabili perché il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha sollevato la questione direttamente con il membro del politburo del PCC, Yang Jiechi, in un incontro (inconcludente) a Roma durato ben sette ore.

Molti esperti sono concordi:

È probabile che Pechino - e lo stesso Xi - non abbiano assolutamente alcuna intenzione di abbandonare la loro collaborazione e sostegno a Putin, ma lavoreranno di nascosto e in modi che consentiranno loro di affermare di non violare tecnicamente le sanzioni ma di "cercare la pace'. Pechino continuerà a scommettere che l'attrazione del suo grande mercato e il passare del tempo ridurranno l'unità degli altri governi sulla Russia e renderanno più facile per Pechino percorrere la sua strada preferita.

Ma Xi Jinping ha anche grandi problemi interni da affrontare come una nuova ondata di COVID-19, il calo dei consumi e della crescita economica e per questo ha dovuto anche congelare di un anno gli ingenti investimenti statali diretti a sostenere quella che lui stesso ha definito come la "prosperità comune". Continuare a tenere due piedi su due staffe, insomma, sarà difficile per Xi Jinping.

Le conseguenze, dice Michael Shoebridge, saranno un'ulteriore frantumazione di ciò che resta dell'"economia globale" e l'inizio di un mondo messo in discussione dalla manifesta partnership strategica tra le due autocrazie gemelle di Russia e Cina.

Se la Cina potrà divenire una compagnia di assicurazioni sulla vita russa, l'economista militare Marcus Matthias Keupp, risponde negativamente.

In primo luogo, perché oltre il 90 per cento del sistema russo di esportazione delle materie prime è orientato verso l'Occidente. In secondo luogo, solo il 2% delle esportazioni cinesi va in Russia. Dal punto di vista cinese, il commercio triangolare con il Giappone e la Corea del Sud è il più importante. Dopo di che viene il mondo occidentale, poi gli altri paesi asiatici, poi i paesi africani e infine la Russia è molto indietro. In terzo luogo, ovviamente, anche il rublo si è notevolmente deprezzato rispetto allo yuan. Anche i cinesi non vogliono essere pagati in rubli. L'idea che la Cina venga in soccorso non è altro che un pio desiderio irrealistico.

La Cina aspetterà che la Russia arrivi sull'orlo del collasso. A quel punto, la Russia diventerà la piccola stazione di servizio economica della Cina, dove potrà servirsi da sola a suo piacimento. Perché la Russia, dice Keupp, non ha più molte opzioni oltre alle vendite in Cina.

Come evidenzia istories.media, al 17 marzo, 328 società straniere hanno completamente smesso di fare affari in Russia e altre 74 l'hanno parzialmente interrotta (ad esempio, hanno abbandonato nuovi progetti o clienti legati al Governo). Il monitoraggio quotidiano è svolto dal professor Jeffrey Sonnenfeld della Yale School of Management.

Il numero totale di dipendenti russi nelle società chiuse supera i 200.000. La maggior parte dei russi ha lavorato in McDonald's - 62 mila, in IKEA - 15 mila, nel rivenditore spagnolo Inditex (proprietario dei marchi Zara, Bershka, Pull & Bear, ecc.) - 9000, in Adidas - circa 7000.

Putin è un partner fondamentale nella "rivalità sempre più profonda" della Cina con Washington - che è la priorità geostrategica fondamentale di Pechino - motivo per cui Xi Jinping "abbinerà le sue affermazioni retoriche alla neutralità con l'assistenza finanziaria per il regime di Putin a livelli ritenuti improbabili per ottenere una risposta seria" dagli Stati Uniti e dalla NATO, dice David Shullman, direttore senior del Global China Hub ed ex funzionario dell'intelligence statunitense sull'Asia orientale. La Cina continua ad operare partendo dal presupposto “che gli Stati Uniti siano un egemone contraddittorio in declino, la Russia sia il partner strategico, e non sanno come andrà a finire e non possono ancora adeguarsi".

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